Fra due giorni ricorrerà il ventennale della strage delle Torri Gemelle di New York. Quattro aerei di linea dirottati da miliziani di Al-Qaida contro luoghi simbolo del potere politico ed economico degli USA provocarono quell' "attacco all' America e alla civiltà" che non aveva precedenti, un attentato vissuto per la prima volta in diretta televisiva che suscitò vasta emozione in tutto il mondo e che ancora oggi negli Stati Uniti fa ricordare l'11 settembre come un giorno di lutto nazionale in memoria delle migliaia di vittime.
Vent'anni sono un lasso di tempo troppo breve per poter affrontare con il distacco degli storici accadimenti che hanno sconvolto l'intero Occidente, aprendo una stagione di orrore per la minaccia terroristica che è ben lontana dall'essere chiusa. Eppure quanto è tumultuosamente avvenuto fra allora ed oggi (la rivoluzione digitale, l'introduzione dell'euro, l'aumento delle disuguaglianze, la crisi economica mondiale, l'incombenza di catastrofi ambientali) fanno risultare l'11 Settembre del 2001 un ricordo molto vago e confuso nell'immaginario collettivo.
Eppure, vent'anni fa, avevamo pensato che aver varcato la soglia del terzo millennio aprisse il mondo a nuovi orizzonti, a "magnifiche sorti e progressive", secondo un'espressione di Giacomo Leopardi. Invece quell'evento che aprì il ventunesimo secolo fece capire che - come proprio Leopardi aveva intuito 165 anni prima - l'inarrestabile progresso della Ragione è illusorio e foriero di tragedie se si ignorano le contraddizioni economiche e sociali e gli egoismi che uno sviluppo senza una "social catena" fra gli individui e fra le diverse comunità del mondo porta con sé.
L' anima di quel cataclisma fu un rancore antico ma sempre nuovo, che si libero' come una sorta di ebbrezza - come ha scritto Mario Luzi - "un inno alla morte cantato nel sangue di migliaia di creature sacrificali".
Ma anche un formidabile, ultimativo monito per gli uomini, per tutti gli uomini, a diventare altro da come sono.
Invece, dopo che il mondo ebbe vacillato con l'animo oppresso, è come se nulla fosse cambiato: se non perché I cacciatori di allora sono divenuti prede e poi oggi, forse, di nuovo cacciatori.
E dopo vent'anni gli interrogativi dell'Occidente emergono in tutta la loro apparente irresolubilità , che l'esodo affannoso dall'Afghanistan rende ancora più angosciosa.
Come si spezza questa catena?
L'unica strada praticabile, per quanto impervia, è quella dell'impegno disinteressato e unilaterale, dell'utile sacrificio di un dialogo arduo, quella della solidarietà internazionale e della mobilitazione umanitaria, dell'acquisto della consapevolezza che 'guerra chiama guerra' e che il fallimento delle soluzioni di forza non esime dalla responsabilità di cercare soluzioni di pace e di concordia fra gli uomini e fra le nazioni.
Merita forse ricordare i versi di Mario Luzi, Nobel per la letteratura e Senatore a vita, scritti per l'occasione.
11 settembre
Dimettete la vostra alterigia
sorelle di opulenza
gemelle di dominanza,
cessate di torreggiare
nel lutto e nel compianto
dopo il crollo e la voragine,
dopo lo scempio.
Vi ha una fede sanguinosa
in un attimo
ridotte a niente.
Sia umile e dolente,
non sia furibondo
lo strazio dell’ecatombe.
Si sono mescolati
in quella frenesia di morte
dell’estremo affronto i sangui,
l’arabo, l’ebreo,
il cristiano, l’indio.
E ora vi richiamerà
qualcuno ai vostri fasti.
Risorgete, risorgete,
non più torri, ma steli,
gigli di preghiera.
Avvenga per desiderio
di pace. Di pace vera.
Unione Comunale del Partito Democratico di Sarzana