Il film, basato su una storia vera e campione d'incassi in America, affronta il delicatissimo tema del rapporto tra religione e scienza, tra mondo immanente e mondo trascendente. La pellicola stimola la riflessione sul libero arbitrio e spinge a interrogarsi sui grandi valori della vita. Questi gli orari di proiezione: martedì 22 marzo alle 17 e alle 21.30; mercoledì 23 marzo alle 17.
Ricordo di un Maestro
A meno di un anno dalla scomparsa di monsignor Enzo Freggia, la biblioteca diocesana "Niccolò V" di Sarzana ha perduto nelle settimane scorse un altro suo storico "pilastro". Ci riferiamo al maestro Ennio Callegari, spentosi all'età di novantaquattro anni, dopo una vita lunga ed intensa. Quasi coetaneo di Freggia (due anni li dividevano), Callegari condivideva con lui le radici fissate tra le colline che separano la Val di Magra dal golfo spezzino. Come Freggia era infatti della Serra, Callegari era nato a Tellaro (un tempo frazione del comune di Ameglia, oggi di Lerici) ed ebbe a lungo il proprio "buen retiro" in una casetta nella piccola località di Zanego, proprio a mezza costa risalendo dalla Serra verso Montemarcello. Fatto sta che i due ebbero modo di lavorare fianco a fianco, con tanti altri volontari, nel rilancio di quella che era la biblioteca del Seminario, voluto dal vescovo Siro Silvestri. Callegari era stato per decenni maestro elementare a Sarzana: insegnava a leggere e scrivere, ma anche la passione per la cultura e quella per la terra di origine. Quella passione che, una volta collocato a riposo, continuò a coltivare ancora a lungo proprio in biblioteca. E che trasfuse in diversi scritti: il più noto, datato 1995, ha il titolo semplice di "Appunti", ma è di fatto un compendio prezioso, ricco di notizie anche originali e curiose, della storia di Sarzana. Mutuata dalla lettura dei grandi classici antichi, la "storia" di Callegari non è mai aulica né pretenziosa, bensì è pensata e scritta "dalla parte del lettore", un lettore che non sempre deve essere colto, ma certo appassionato o quanto meno curioso. Questo è il grande merito di un maestro che ha meritato davvero questa qualifica, e che oggi appare giusto ricordare con gratitudine.
Intitolare una via a Don Pertile
Don Angelo Caviglia, salesiano che ora vive ad Arezzo, ha scritto una lettera al sindaco di Spezia Massimo Federici per sostenere la proposta di intitolare una via o piazza a don Bartolomeo Pertile, scomparso nel 2002 dopo una vita trascorsa in gran parte proprio alla Spezia, nella parrocchia del Canaletto. Infatti don Caviglia suggerisce una targa che riporti questa sola dicitura: "Don Bartolomeo Pertile – Educatore". La proposta è stata avanzata dal consigliere comunale Luigi De Luca ed è ora all'esame del Comune. Don Caviglia ricorda nella lettera di essere stato per diversi anni alla Spezia, anche come responsabile dell'oratorio del Canaletto, dove don Pertile aveva lavorato a lungo. E aggiunge: "Ho avuto modo di constatare la filiale e amorosa devozione a don Bartolomeo, un uomo sì radicato nella tenace tradizione della montagna veneta ma capace di integrarsi nei grandi problemi della nostra città di adozione, la Spezia, che per ben cinquantadue anni ha amato e servito come sacerdote e come educatore; vicino soprattutto alle migliaia di giovani famiglie che ha unito in matrimonio, con cui ha celebrato i sacramenti dell'iniziazione cristiana ed a cui è stato vicino nell'accompagnare qualcuno all'incontro con Dio nel viaggio definitivo. Uomo dell'accoglienza e anche di quella discreta ma intransigente disciplina cristiana che gli provenivano dalla sua formazione e dalla sua esperienza nella famiglia di Don Bosco». Don Caviglia ricorda ancora con commozione «il ricordo che ne aveva mio padre, di cui don Pertile fu insegnante di scuola media negli anni della guerra, a Varazze, presso il collegio salesiano. Più volte, quando io intrapresi il cammino religioso, mio padre mi diceva: "Prendi come esempio don Pertile, che ci sapeva educare senza farci pesare nulla, ma ci faceva amare ciò che studiavamo"».
Giovani migranti contribuiscono al rilancio del territorio e dell'agricoltura
Fondazione Carispezia e Caritas diocesana sono di nuovo insieme, con altre associazioni, per promuovere lavoro e integrazione sociale. Martedì scorso è stato infatti firmato un protocollo di intesa per offrire un percorso di inserimento formativo e lavorativo a quindici giovani profughi non italiani che sono ospitati nelle strutture della Caritas e che seguiranno attività di formazione nei settori dell'agricoltura e della salvaguardia del territorio. L'obiettivo non è solo creare lavoro per un settore che offre molte possibilità ma ha sempre meno addetti, ma di avviare questi giovani profughi a diventare veri e propri imprenditori agricoli. Il progetto, "IntegrAzioni", è condiviso anche da Parco nazionale delle Cinque terre, Confagricoltura e Confederazione italiana agricoltori. La Fondazione ha stanziato centomila euro. I ragazzi inizieranno a fine mese con il ripristino del castello di Madrignano, a Calice al Cornoviglio, per poi proseguire con progetti legati all'agricoltura per dieci enti, tra i quali otto comuni. Il progetto richiama l'impegno solidale tante volte sollecitato da Papa Francesco. "Non costruiamo muri, ma anzi proviamo a dare risposte concrete all'immigrazione" dice a questo riguardo il direttore della Caritas don Luca Palei. E il presidente della Fondazione Matteo Melley: "E' un progetto che farà bene non solo al territorio, ma anche agli spezzini per superare le diffidenze pur comprensibili di fronte ad un fenomeno per il quale non sono preparati". Tra chi aderisce al progetto c'è anche l'associazione "Manarola Cinqueterre" che aveva già promosso la formazione di un gruppo di giovani migranti per il ripristino dei muretti a secco. Ora uno di quei ragazzi del primo esperimenti, Edo, sarà tra coloro che insegneranno l'arte dei muretti a secco ad un nuovo gruppo di migranti. E muretti a secco, nelle Cinque terre, significa recupero della cultura del vino, ma anche salvaguardia di un territorio fragile, che ha bisogno di interventi.
Giubilei sacerdotali
Quest'anno due sacerdoti salesiani in servizio alla Spezia nella parrocchia di Nostra Signora della Neve compiono mezzo secolo di sacerdozio. Si tratta del parroco don Giovanni D'Alessandro e del suo collaboratore don Franco Grilli. Don Gianni è stato infatti ordinato il 22 dicembre del 1966, mentre don Franco lo è stato il 26 marzo dello stesso anno. L'anniversario di don Franco ricorre quindi sabato prossimo, che quest'anno è Sabato Santo. La comunità della Neve li festeggerà a maggio, in occasione della ricorrenza di Maria Ausiliatrice, patrona della congregazione salesiana. Intanto, nei giorni scorsi, a Pugliano di Lucca, dove vive con i familiari, il salesiano don Gianni Bocchi, per tantissimi anni alla Spezia e poi missionario in Africa, ha compiuto ottantasette anni. A tutti i nostri auguri più cordiali: "Ad multos annos".