Un appello ai sindaci di tutti i comuni della provincia, affinché si mobilitino nell’interesse dei loro concittadini per fermare i ricorsi di Regione e Provincia al Consiglio di Stato a sostegno del progetto di biodigestore da 120.000 tonnellate a Saliceti: è stato inoltrato dai Comitati No Biodigestore Saliceti, Sarzana, che botta!, Acqua Bene Comune e dalle associazioni Cittadinanza attiva e Italia Nostra. Questa volta l’appello non è volto a evidenziare gli ormai noti rischi ambientali, che pare preoccupino solo i sindaci di Vezzano e Santo Stefano.
Viene richiamata l’attenzione sui più che probabili aumenti della TARI per i cittadini.
I biodigestori – scrivono gli ambientalisti - vengono molto decantati dai loro fautori perché producono biometano. Viene taciuto che questi impianti sono molto energivori, cioè consumano molto gas ed elettricità per fermentare i rifiuti organici e ottenere il biometano. Nel caso dell’impianto di Saliceti per ricavare sei milioni di biometano saranno consumati 16 milioni e mezo di kwh di energia elettrica, equivalente a tre milioni e mezzo di metano, 805 mila mc di gas, 200 mila mc di carburante. Insomma per produrre sei milioni di biometano si consumano 4 milioni e mezzo di energia equivalente.
“Non sono dati che ci inventiamo noi – sottolineano gli ambientalisti - Sono dati di progetto di Recos Iren che qualunque sindaco può verificare. La lievitazione dei prezzi del gas naturale e dell’elettricità farà necessariamente lievitare i costi di gestione del biodigestore”.
In base ai prezzi del gas e dell’elettricità, antecedenti la crisi energetica, Recos aveva messo nel piano economico una tariffa di conferimento dell’organico a carico dei Comuni di 110 euro a tonnellata (oggi ne paghiamo 113 per portare i rifiuti fuori provincia!). Con i prezzi delle materie energetiche saliti alle stelle i costi di produzione del biodigestore lieviteranno per pagare quei 4 milioni e mezzo di energia usata nel trattamento dell’organico. Arera, autorità che fissa i prezzi dell’energia, ha già fatto sapere per l’impianto di Gavassa di Reggio Emilia, prossimo a partire, che i costi andranno aggiornati. I sindaci emiliani si sono allarmati.
Hanno capito al volo quale sarà il loro ruolo: aumentare la Tari ai loro concittadini per pagare i maggiori costi di conferimento dell’organico al biodigestore. E’ intervenuto l’amministratore delegato di Iren Ambiente, Eugenio Bertolini, che ha rilasciato una fumosa dichiarazione, niente affatto rassicurante: “Anche questo impianto- ha detto - avrà una tariffa di conferimento, che andrà ad alimentare i costi della TARI. Su questo abbiamo la certezza che comunque andrà a stabilizzare i costi di conferimento di questo materiale”. Secondo le associazioni ambientaliste appare evidente che i prezzi dell’energia consumata si riverseranno sui costi di conferimento e quindi sulla Tari. I sindaci emiliani vogliono vederci chiaro. E i nostri sindaci? Tuteleranno i loro concittadini o gli interessi di Iren?
“Il biodigestore di Saliceti conviene solo a Iren – sostengono gli ambientalisti - perché dalla cessione a Snam di tutto il biometano prodotto incasserà incentivi (denari pubblici pagati dagli utenti nelle bollette) pari tre volte il prezzo del gas senza tener conto dell’energia consumata”.
Gli spezzini pagheranno anche per la costruzione del mega impianto che per tre quarti della sua capacità serve soprattutto i ricchi comuni del Levante genovese, che hanno ottenuto dalla Regione la cancellazione del biodigestore previsto a Isolona di Orero, perché distava 250 metri da un torrente. A Saliceti viene costruito sulla falda del Magra. Il colonialismo dei rifiuti, inaugurato dalla Regione, funziona così.
L’alternativa c’è e si chiama compostaggio, una tecnologia adeguata per smaltire 30.000 tonnellate l’anno di organico prodotte in provincia. I movimenti ambientalisti chiedono ai sindaci di ripensare, nell’interesse economico e ambientale dei loro concittadini, il piano dei rifiuti provinciale, prendendo in considerazione il compostaggio come era previsto con lungimiranza nel 2003: si tratta di piccoli impianti modulari, poco costosi, non soggetti a crisi energetiche, idriche, non espongono a rischi ambientali estremi e si realizzano in tempi ben più veloci della “cattedrale” prevista a Saliceti per servire Genova.