Musso ha sostituito il professor Gian Paolo Calchi Novati, di cui è stato allievo, impossibilitato a partecipare per motivi di salute.
Il tema affrontato, prima al Liceo Pacinotti, poi nella sala consiliare del Comune di Monterosso, è stato "Primavere e inverni arabi: il ruolo dello Stato, il fondamentalismo, gli scenari nazionali e internazionali".
Musso è partito dalla fine della "guerra fredda" tra Usa e Urss: "prima ogni Paese del mondo, anche nel Medio Oriente e in Africa, era legato a una delle due superpotenze, e ciò garantiva la stabilità". Il crollo dell'Urss ha portato all'instabilità. Nel 2003 l'Iraq invase il Kuwait, e gli Usa intervennero "fatto che prima non sarebbe stato possibile". "Iniziò uno sconvolgimento nella regione, che dura fino ai nostri giorni... anche il fondamentalismo islamico nacque in quegli anni". In Egitto, Libia e in tutti i Paesi della sponda sud del Mediterraneo c'erano regimi dittatoriali, "sostenuti dall'Occidente per mantenere la stabilità, cioè la sicurezza di Israele, il controllo delle frontiere e la continuità degli approvigionamenti energetici". "A noi andava bene così -ha continuato Musso- perché l'alternativa erano elezioni libere con la vittoria degli islamisti". Ma "questi Paesi portavano al loro interno i semi dell'autodistruzione".
La crisi economica del 2008-2009 colpì anche questi Paesi, accrescendo la disoccupazione e le diseguaglianze sociali e geografiche: "le primavere arabe e il crollo dei dittatori furono ineluttabili". Oggi la situazione, a sei anni di distanza, è molto variegata: "Marocco e Giordania non hanno mutato regime grazie alle concessioni fatte dalle classi dirigenti al potere, la Tunisia ha cambiato regime ed è al centro di una complessa transizione alla democrazia, in Egitto sono tornati i militari, in Libia e Siria c'è la guerra civile". "Non possiamo guardare alla storia con gli occhi della cronaca -ha ammonito Musso- perché i processi storici sono molto lunghi... occorre tempo, basti pensare a quanto tempo è servito perché la democrazia si consolidasse in Europa dopo il 1789 e il 1848". Non si può tornare indietro, perché "le società sono cambiate, c'è una spinta all'autodeterminazione delle persone che non può essere fermata".
Il "sogno delle primavere arabe non è svanito": molto dipende dalle forze presenti in quei Paesi, e molto da noi: "ma l'Europa dovrebbe sapere chi è e che cosa vuole".
(Foto: Enrico Amici)