Ritrovarsi di fronte al presepe, nella luce della nascita di Gesù, è per il credente motivo di gioia e di consolazione. In quel piccolo bambino possiamo contemplare la grandezza di Dio e, nel contempo, il valore e la fragilità della natura umana. Facendosi uomo, il Figlio di Dio non ha rinunciato alla sua divinità, ma è sceso nella nostra umanità, in una umanità concreta, in una storia ben precisa, per una missione essenziale: liberare ogni uomo dal peccato, facendo a tutti il dono di poter diventare figli di Dio.
A Natale, dunque, si celebra una nascita, un evento storico. Si fa memoria, nella fede, dell’amore del Padre, che ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio per noi, per la nostra salvezza.
Quel piccolo bambino ci richiama, però, anche alla grandezza e all’importanza della vita umana, dal suo concepimento al suo naturale tramonto. Una vita che manifesta tutto il suo valore, e che sempre deve essere custodita, amata e tutelata. Una vita, però, che rivela anche tutta la sua fragilità: per continuare ad esistere abbiamo bisogno di alimentarci, di respirare, di nutrire le nostre relazioni personali. Una fragilità che non si contrappone alla grandezza della vita umana, ma come in un’opera d’arte preziosa e spesso fragile, ci richiama ad una attenzione maggiore nell’accoglierla, custodirla e tutelarla. Fin dal primo momento, infatti, ognuno di noi ha avuto bisogno di un grembo che lo accogliesse, di mani che lo afferrassero, di un amore che gli permettesse di crescere e di maturare. Per quanto autonomi, e apparentemente autosufficienti, tutti noi siamo posti gli uni nelle mani degli altri. Non si tratta semplicemente di un atto di rispetto, di solidarietà, ma è una condizione insita nella stessa e comune natura umana. Nessuno di noi possiede tutto ciò che è necessario per esistere; abbiamo bisogno fin dal primo momento di essere presi nelle mani di chi ci possa accudire, e nel contempo siamo chiamati ad accogliere nelle nostre mani i fratelli e le sorelle che incontriamo giorno dopo giorno. La coscienza di tutto ciò e l’impegno fattivo di ogni uomo e di ogni donna tracciano il sentiero più bello che conduce alla pace. Nascendo nella povertà della grotta di Betlemme, raccolto delle mani di Maria che lo ha generato e accudito, il Signore Gesù diventa il cuore di questo cammino.
Purtroppo gli scenari di guerra nel mondo non mancano, come anche non è assente la tensione nelle relazioni di molte persone. La pace purtroppo si va infrangendo nel mondo. Più volte e con insistenza papa Francesco ci ha chiesto di rivolgere a Dio con fede la nostra preghiera perché conceda all’umanità intera una pace duratura. Abbiamo bisogno di ritrovare il nostro Salvatore, Colui che è capace di dare a noi non solo un insegnamento nuovo ma la vita stessa, di farci rinascere come figli di Dio, artigiani di pace, seme fecondo per ogni persona umana, collaboratori di un’umanità che porta nel proprio cuore la nostalgia dell’eternità, e di un’eternità beata. Un cammino che si snoda all’interno delle nostre vite, nelle nostre relazioni, nelle nostre comunità.
Un percorso che, quest’anno, viene segnato anche da eventi straordinari, significativi, come l’Anno Giubilare, che domenica 29 dicembre apriremo insieme, e il cinquantesimo anniversario della Dedicazione della nostra chiesa cattedrale, che verrà celebrato il 3 maggio 2025. Tutti eventi che ci attendono e nel contempo ravvivano in noi la responsabilità di una testimonianza purificata e autentica.
Infine, ma non certo ultima, la dimensione della carità, perché è proprio nell’amore del Padre e nella comunione dell’umanità che possiamo e dobbiamo esprimere quella vera novità capace di rinnovare l’universo.
A tutti, pertanto, rivolgo i più cari auguri di un Santo Natale, invocando dal Signore la sua particolare benedizione.
Luigi Ernesto Palletti
Vescovo