Al Parco Shelley di San Terenzo si è tenuta l’affollata -con le regole del distanziamento fisico- iniziativa organizzata dall’Associazione Culturale Mediterraneo e dalla Società Marittima Mutuo Soccorso di Lerici sul tema “Gli anni Sessanta tra speranza e inizio del declino”.
Dopo il saluto di Bernardo Ratti, Presidente della Società Marittima, la scrittrice Susanna Raule ha introdotto i due scrittori protagonisti della serata: Giorgio Pagano, autore, con Maria Cristina Mirabello, del primo volume -intitolato “Dai moti del 1960 al Maggio 1968”- del libro “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”, e Bruno Arpaia, autore del libro “Il fantasma dei fatti”. All’inizio e alla fine il cantautore Marco Rovelli, amico di Pagano e Arpaia, ha cantato brani degli anni Sessanta: canzoni di Bob Dylan, dei Corvi, di Claudio Lolli.
Arpaia ha ripercorso quattro episodi della politica italiana dal 1959 al 1963: due morti sospette, quelle di Enrico Mattei, fondatore di ENI, e di Mario Tchou, ingegnere e collaboratore di Adriano Olivetti, e i processi a Felice Ippolito, Segretario generale del Comitato nazionale per l’energia nucleare CNEN, e a Domenico Marotta, inventore del primo microscopio elettronico e direttore dell’Istituto Superiore di Sanità. Fatti che costrinsero l’Italia a limitare e indirizzare il proprio modello di sviluppo e a rinunciare al balzo decisivo verso una dimensione produttiva e tecnologica più avanzata: “il primo passo verso il declino attuale del Paese”, ha detto Arpaia. Che si è chiesto: “ci fu una longa manus, fu un complotto di potenze straniere?”.
“Il fantasma dei fatti” si conclude con un’altra ipotesi:
“A spiegare quanto accadde basta probabilmente l’interazione di incoscienza, ignoranza, miopia, risentimento e incompetenza dei nostri partiti politici e della nostra classe dirigente da Strapaese, bastano gli interessi privati preferiti a quelli pubblici... Magari ci fu qualche ‘aiutino’ della mafia e dei servizi segreti nostri o inglesi o di pezzi della Cia, ma fu una storia tutta italiana. E a me questa ipotesi sembra addirittura più tragica di quella del complotto”.
Giorgio Pagano ha concordato con questa tesi:
“Nel libro mi soffermo sul ‘Piano Solo’, il tentato golpe del generale De Lorenzo nel 1964, di cui fu certamente a conoscenza il Presidente della Repubblica Antonio Segni. Fu un complotto per ‘edulcorare’ il centrosinistra e renderlo più moderato? Sì, ma l’obiettivo era già stato raggiunto, come ha spiegato Aldo Moro nel suo ‘Memoriale’ dal carcere delle Brigate Rosse, con la manovra economica depressiva del Governatore della Banca d’Italia Carli e del Ministro del Tesoro Colombo, che comportò un ripiegamento delle forze di sinistra e dei sindacati e colpì al cuore il centrosinistra. Non a caso gli americani non appoggiarono De Lorenzo e Segni. Come sempre, la responsabilità principale fu italiana, delle nostre classi dirigenti. Il decennio 1958-1968 fu una grande opportunità mancata: la paralisi del centrosinistra comportò anche la crisi della politica del PCI, quella del dialogo dall’opposizione per fare le ‘riforme di struttura’. Il Paese era in un vicolo cieco, così tutte le forze politiche. Emersero in quegli anni i limiti del riformismo, tanto di governo, quanto di op¬posizione: il deficit di risorse riformistiche nel sistema politico, l’immobilismo, la mancanza di alternative. E’ solo comprendendo questi limiti che si può cogliere la “rottura storica” rappresentata, in Italia, dal 1968-1969. La ribellione morale dei soggetti sociali emergenti, gli operai e gli studenti, si scatenò contro le forze che stavano portando al declino del Paese”.
Pagano si è soffermato, tra l’altro, sui protagonisti della Lerici degli anni Sessanta: i ragazzi, provenienti da tutto il mondo, dell’Ostello della Gioventù e Madì, “la regina dei nomadi”, Enrico Calzolari e il Circolo culturale La Carpaneta, il Circolo culturale Pozzuolo, la Scuola Alberghiera nata nel 1968, Ovidio Iozzelli capo degli operai della Pertusola, Dino Grassi capo degli ansaldini del Cantiere Muggiano... Fino alla conclusione, dedicata al poeta lericino Paolo Bertolani, di cui Pagano ha letto la poesia “A Francesco”, che ha al centro il tema della speranza.