Anche la seconda presentazione in città del primo volume del libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”, tenutasi nella sala multimediale di Tele Liguria Sud, ha riscosso grande partecipazione.
Il primo volume, intitolato “Dai moti del 1960 al Maggio 1968”, contiene i racconti, le immagini e i documenti del periodo 1960-giugno 1968. Il secondo volume, di prossima uscita, si occuperà del periodo successivo, fino a tutto il 1969.
Dopo la proiezione del video “Un mondo nuovo, una speranza appena nata”, realizzato da Roberto Celi, del Gruppo Fotografico Obiettivo Spezia, e da Gian Paolo Ragnoli, sono intervenuti Gianluca Solfaroli e Chiara Dogliotti, storici, e Monica Maffioli, storica e critica della fotografia.
Solfaroli ha definito l’opera come “un libro molto serio, di qualità sostanziale, un vero servizio alla città”, che contiene all’interno “una serie di piccoli libri tematici, riguardanti tutti gli aspetti ed i fermenti degli anni Sessanta, politici, sociali e culturali”, trattati sempre “in modo non localistico, ma con un intreccio con i temi nazionali ed internazionali”. Nel libro, ha detto Solfaroli, “c’è l’io narrante ma la narrazione è corale, partecipata, dà voce, grazie alle 330 testimonianze raccolte, ad una generazione”.
Chiara Dogliotti ha parlato di “un’opera monumentale, in cui ogni argomento è quasi un libro a sé stante”: “rappresenta uno sforzo enorme di restituzione della memoria, ma è anche un libro di storia, che si inserisce con grande competenza nel dibattito storiografico”.
Per Monica Maffioli “la narrazione del libro, grazie alle centinaia di immagini, non è solo testuale ma anche visiva” e “riguarda le fabbriche, i paesaggi urbani, gli operai, le personalità del mondo artistico”: “le immagini non sono solo documentazione ma un repertorio di sguardi”. Maffioli ha concluso citando Sergio Fregoso, autore di molto foto inedite pubblicate nel libro, tra cui quella di copertina: “nelle sue fotografie c’è sempre l’impronta dell’uomo, il suo segno non è solo estetico, ma contiene l’umanesimo”.
Infine gli autori. Giorgio Pagano ha spiegato il titolo del libro, che è un verso di “Dio è morto” di Francesco Guccini, “un manifesto programmatico valido ancora oggi”, scrive nel libro Beppe Carletti, fondatore dei Nomadi, che cantò la canzone alla Spezia, al Monteverdi, il 24 novembre 1967. “Mondo nuovo” e “speranza” sono parole chiave del libro, che ritornano in tantissime testimonianze.
“il 1968-1969 - ha detto Pagano - fu una rivolta etica, una lotta antiautoritaria contro autorità a cui non si riconosceva più legittimità, nella scuola, nella fabbrica, nella famiglia... un movimento che aveva alle origini una miscela di sentimenti e di politica, l’intreccio tra l’affermarsi della volontà di decidere la propria vita, anche da parte delle donne, e lo sviluppo di un’azione per il cambiamento collettivo”. Ma questa rivolta “non fu un’esplosione repentina, bensì il frutto di una maturazione durata per tutti gli anni Sessanta”, che alla Spezia “furono anni di sprovincializzazione”: “arrivarono il beat, il cinema d’autore, il nuovo teatro, il jazz, l’antimilitarismo contro la guerra in Vietnam, il Concilio Vaticano Secondo”, e “si incontrarono con le culture politiche preesistenti, che si stavano trasformando”. Il libro testimonia che “in una provincia ‘minore’ ci furono esperienze di rilievo nazionale, dalle lotte studentesche a quelle operaie, in primis quella per salvare il Cantiere del Muggiano, fino alla cultura: la pedagogia del doposcuola di don Sandro Lagomarsini a Cassego, i cineclub curati da Enzo Ungari, i giovani artisti, il pensiero di Aldo Rescio e molto altro ancora”.
Ha concluso Maria Cristina Mirabello: “Indipendentemente dal fatto che la lettura del libro possa essere svolta “dall’inizio alla fine”, con debite interruzioni su un arco sufficiente di giorni, perché le sue 844 pagine sono tante, esso può essere fruito anche in modo più fluido, “parcellizzandolo”, grazie alla guida analitica costituita dalle titolazioni di Capitoli e Paragrafi, e scegliendo in base forse più al cuore che alla ragione, per poi arrivare, se lo si ritiene, ad una lettura sequenziale. Quanto alla coralità del libro, in genere riscontrata da chi lo legge, essa è data sicuramente dalla trama delle narrazioni e dal suo essere intessuta di testimonianze, insomma dalle “parole vissute” dei testimoni, ma, nella parte più propriamente documentaria, dal variare stesso di accenti, sfumature, perfino di maiuscole e minuscole, che si può notare leggendo “carte” di una stessa fonte e che corrisponde spesso al mutare del tempo e delle soggettività individuali e collettive rispetto ad esso”.