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Sabato 16 novembre, a Roma al Circo Massimo.

Una prima iniziativa, sabato 16 novembre alle 16.30 all’Urban Center, con la quale Italia Viva inaugura una serie di incontri con i cittadini, su temi di grande attualità nonché di grande rilevanza.

In occasione del weekend dedicato alla Giornata in ricordo delle vittime della strada.

 

“Fioramonti ministro della distruzione!”, questo il testo dello striscione che stamattina campeggia davanti a migliaia di istituti della penisola, affissi dal movimento del fulmine cerchiato in risposta alle proposte del MIUR sull’introduzione di programmi scolastici obbligatori per lo studio dei “cambiamenti climatici”.

“Questa brillante proposta – inizia la nota del movimento – giunge dalla stessa mente che ha pensato e poi abortito la tassa sulle merendine. Parliamo del neo-ministro dell’istruzione, il grillino Lorenzo Fioramonti, colui che si è ritagliato un curriculum di tutto rispetto nel campo dell’anti-italianità: stiamo parlando di un soggetto in prima linea sul campo del globalismo. Uno che, per capirsi, è scappato all’estero quando ha ottenuto una cattedra all’Università di Pretoria e ha collaborato attivamente con sigle finanziate da Soros e dalla fondazione Rockefeller. Siamo di fronte ad un convinto globalista, un sorosiano che, senza scivolare nel complottismo, ha semplicemente sposato l’agenda della Open Society. Uno di quelli che non vuole il crocefisso in aula e fa studiare solo l’inglese al figlio. Programmi quindi, quelli sui cambiamenti climatici, in odore di fake news, che saranno sicuramente infarciti di nozioni vaghe, poche soluzioni e tanto buonismo ‘gretino’”.

“Il pulpito da cui verrà la predica è quello del grande capitale finanziario. Infatti, se il Pianeta (o meglio i suoi ecosistemi) sono in pericolo, non saranno le multinazionali a salvarlo, non saranno le S.p.a e nemmeno le banche. L’unica soluzione è quella di un cambio netto di paradigma: come si può pensare che una società consumista possa imporre una svolta reale alle questioni gravose come lo spreco, lo spopolamento delle aree rurali, l’inquinamento delle acque, lo sfruttamento intensivo delle risorse e l’urbanizzazione selvaggia? Perché sono questi i problemi veri, non il più ben noto e vago ‘cambiamento climatico’. Il problema non è il clima, caro Fioramonti, il problema è il Capitalismo e la Globalizzazione che livellano i popoli a semplici consumatori di prodotti non duraturi, il problema è quel sistema che produce sottocosto in Asia per rivendere all’Occidente. Insomma, il problema siete proprio voi!”.

“Imporre programmi del genere – continua la nota – significa sviare volontariamente le future generazioni dalle cause dei problemi che li perseguiteranno per tutta la vita: vuol dire abituarli al fatalismo, all’instabilità e al precariato. Significa indicare alcuni effetti come cause, nascondendo di fatto la mano che contribuisce a scatenarli. Non sarà lo sradicamento dei popoli che li vivono a salvare gli ambienti (al plurale, perché la Terra è un insieme di ecosistemi diversi) ma proprio il legame con la terra. La rivoluzione non si trova nei programmi del MIUR ma nella terra che ci circonda, quella che i nostri antenati hanno chiamato ‘Italia’. I giovani devono essere educati ai sentieri di montagna e dei boschi, della campagna e dei mari. Per rispettare l’ambiente lo si deve conoscere profondamente ed amare. Cosa può insegnarci Fioramonti, se non a cambiare casa (e casacca) quando cambia lo stipendio?”.

“Questo è il ministro della distruzione – conclude la nota del Blocco Studentesco – perché alfiere di un modello anti-italiano e quindi profondamente anti-umano. Ci accosteremo alla battaglia ambientale consapevoli che i nemici della natura sono gli stessi nemici dei popoli, delle identità e delle tradizioni. Vogliamo indirizzare la sincera partecipazione di molti giovani italiani ai ‘global strike’ nel ritorno ad una concezione di terra sacra: sacra perché indispensabile alla nostra vita e quindi non in vendita e alla mercé di distruttori apolidi e senza terra. ‘Nessun uomo su questa terra vive di banche e industria’ diceva qualcuno: noi non vivremo per vedere l’Italia trasformata in un deserto”.

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