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1918, quel primo Natale di pace In evidenza

"Segnali concreti di ritorno alla normalità".


Con poche asciutte righe di cronaca, in seconda pagina, il settimanale spezzino “Il popolo”, di ispirazione cattolica, annuncia nel numero del 22 dicembre 1918 che “in Santa Maria, per Natale, tanto la Messa di mezzanotte come quella solenne delle ore 11 la mattina saranno cantate in musica dalla Schola cantorum dell’organista della Chiesa M° Cortopassi”. Per contro, il 22 dicembre, il concorrente “Corriere della Spezia”, radicale ed anticlericale, forse pensando, a torto, di fare un danno di immagine al Natale cristiano, affida al colonnino “Mogogno” (oggi mugugno) un corsivo per mettere in guardia i consumatori dalle spese eccessive: “La tradizione vuole che il giorno di Natale si mangi un po’ meglio degli altri giorni: noi però crediamo che, trattandosi di peccati di gola, la popolazione spezzina dovrebbe mettersi in guardia per non pagarli poi eccessivamente cari”. Notazioni di vita ordinaria, spia di come la fine della guerra mondiale, avvenuta da poche settimane, spingesse i cronisti a dare quanto più possibile segnali concreti di ritorno alla normalità. Eppure le pagine dei settimanali trasudano ancora di notizie di guerra: i militari non tornati (e che forse non torneranno mai), i mutilati e i reduci che cominciano ad organizzarsi nelle loro associazioni – anticipazioni di mutamenti profondi nella vita politica e sociale –, le disposizioni annonarie del “commissario governativo”, segno che, nonostante la pace, in città valeva ancora lo stato di emergenza imposto dalla sua natura di piazzaforte militare. Quel primo Natale di pace, alla Spezia, è insomma un “già e non ancora” che esprime, a ben vedere, l’ansia di un futuro incerto, destinato a rimanere tale a lungo. Quel fermento attraversa il mondo cattolico. Don Sturzo, che per la prima volta sta preparando un partito politico di ispirazione cristiana, è atteso a Spezia. E “Il popolo”, il 28 dicembre, anticiperà “i programmi dei cattolici nell’ora presente”: eleggere propri rappresentanti in Parlamento diventa “un punto capitale per i cattolici italiani: non è questione di ambizione di partito, ma di vita o di morte per il bene della Nazione”.

Testo di Egidio Banti

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