E’ il positivo esito di una vasta campagna di restauro, che ha richiesto svariati anni di lavoro nonché un considerevole sforzo economico da parte della parrocchia. A monte, c’erano seri problemi di stabilità nella chiesa, in modo particolare nell’abside barocca, dove si erano manifestate fessure. Il consolidamento, progettato dall’architetto Alessandra Capurro di Levanto, ha portato con sé, con il parere favorevole della Soprintendenza, una diversa collocazione dell’organo, un Agati del 1841, che in passato era stato tolto dalla controfaccia e riposto nell’abside. E’ stata così realizzata una nuova apposita cassa lignea di contenimento, essendo purtroppo irreperibile quella originale. Di questo lavoro si è occupata la ditta “Fratelli Marin” di Lumarzo per ciò che riguarda la parte fonica, mentre la restauratrice Eleonora Parodi ha curato la cromìa della cassa. L’organo è ora collocato nella navata sinistra della pieve. Nel contempo, la ditta “Matteo Caropreso” ha provveduto a restaurare le fessure, ripulendo la decorazione pittorica ottocentesca, e ad eseguire, con molta discrezione, la fase di ritocco pittorico delle lacune presenti. Un’altra restauratrice, Livia Pecchioli, si è invece occupata delle pitture murali, ciclo di storie mariane del tardo Cinquecento posto al termine della navata sinistra. In tanto fervore di attività, la cui alta sorveglianza è stata garantita dai funzionari della Soprintendenza di Genova Angela Accordon e Mauro Moriconi, è proseguito il recupero anche delle “opere mobili”. Determinante è stato il ruolo del “laboratorio di restauro” della Regione Liguria, con Elena Bolognesi, Ornella Viano e Maria Cristina Zaninetta: interessanti la piccola tela con il “Battesimo di Cristo” e la statuina del “Bambino Gesù”, cui la comunità locale è molto affezionata. La fase finale del cantiere di restauro è stata poi seguita dagli architetti Massimo Bartoletti e Roberto Leone. La spesa totale è stata di 250 mila euro, di cui sessanta mila stanziati dalla Compagnia di San Paolo di Torino ed altrettanti dai fondi dell’Otto per mille. La parte restante è venuta dalla diocesi, dai fondi dei parroci e dalle offerte levantesi.
Testo di Guido Ghersi