Saliceti, un impianto di metano accanto al TMB Iren e poteri pubblici negano il rischio incendi, ignorate tre anni di denunce dei comitati. Abbiamo denunciato il rischio incendi a Saliceti fin dalla partecipazione all’inchiesta pubblica di VIA (Valutazione Impatto Ambientale) nell’estate 2019 sul progetto di biodigestore della Recos Iren.
Chi vuole può consultare gli atti. Le cause degli incidenti più gravi nei biodigestori sono incendi ed esplosioni. La nostra fonte era una ricerca italo-tedesca delle università di Brno e di Bologna. Ci sembrava pazzesco costruire un biodigestore affianco al TMB andato a fuoco nel 2013. Le Germania sta rinunciando ai biodigestori, che producono metano, gas clima alterante, perché una mappa aggiornata degli incidenti è ancora più allarmante. Dal luglio scorso a oggi nel TMB di Saliceti si sono verificati due principi d’incendio. “Subito domati”, si è affrettato a dichiarare ieri il direttore di Recos, Fabrizio Fincato. E ha attribuito la possibile causa a bombolette spray o razzi per imbarcazioni, che non devono essere smaltiti nella “rumenta”. Nel 2013 l’impianto fu devastato da un incendio. Stiamo pagando noi spezzini la ristrutturazione con una tariffa a carico dei Comuni di 181,5 € a tonnellata, caricata sulla nostra TARI. Nella provincia di Genova pagano 110-120 € a tonnellata.
I Comuni del Tigullio e del Golfo Paradiso portano la RSU a Saliceti. Spezzini “becchi e bastonati”. Inutilmente in questi anni abbiamo rilanciato il nostro allarme sul grave rischio incendi, sostenuti da No Biodigestore Saliceti, Acqua Bene Comune, Italia Nostra, Cittadinanza attiva. Voci che gridano nel deserto della nostra politica. E nel deserto delle istituzioni, che in Conferenza dei servizi si sono affidati alle relazioni di Recos. Abbiamo denunciato che stavano ignorando la normativa antincendi del novembre 2019 (dunque antecedente alla Conferenza), che prevede la valutazione del rischio per l’ambiente esterno al biodigestore.
Cosa c’è nell’area del biodigestore? Il TMB andato a fuoco nel 2013 e un deposito di carburanti da 200.000 tonnellate della Kerotris. La risposta: i Vigili del fuoco avevano rilasciato il nulla osta al progetto al momento della presentazione, maggio 2019, dunque prima dell’entrata in vigore della nuova norma. Allora abbiamo fatto ricorso a una norma vigente dal 2006: valutazione degli effetti cumulativi. La risposta l’hanno affidata a Recos, come per il rischio idrogeologico (inquinamento della falda): “Non risultano altre procedure di VIA in corso”. Quindi non si valuta l’esistente, ma eventuali installazioni future.
Non ci resta che piangere o fare ironia! In questi anni abbiamo segnalato la violazione della nuova normativa antincendi ai ministri dell’Ambiente dei governi Conte e Draghi, ai parlamentari spezzini, ai consiglieri regionali, al consiglio provinciale, ai consigli comunali, al Prefetto. L’unico organo che ci ha dato ascolto il Difensore Civico Francesco Lalla, ex procuratore della Repubblica di Genova, che però per legge non ha poteri d’intervento nelle procedure. Dal nuovo governo Meloni è giunta la ciliegina sulla torta: finanziamento di 40 milioni (il massimo previsto, che pagheranno in parte gli italiani con le tasse) a un progetto che costa 57 milioni, il più costoso d’Italia.
Comitato Sarzana, che botta! a nome del Coordinamento No Biodigestore Saliceti