Anche in ambito culturale c'è bisogno di professionalità, non possiamo acconsentire che le biblioteche o i musei vengano tenuti aperti dai pensionati, da lavoratori non pagati come i “finti volontari” o dai ragazzi dell'alternanza scuola- lavoro.
Leggendo le dichiarazioni dell'assessore alla cultura del Comune di Spezia Paolo Asti in occasione della prossima riapertura (dopo quasi tre anni) della biblioteca civica Ubaldo Mazzini siamo venuti a conoscenza di due aspetti controversi che la gioia per la riapertura di un luogo così caro a molti spezzini rischia di far passare in secondo piano.
Asti in un articolo uscito il 21 settembre ha infatti detto che che la biblioteca, una volta riaperta, potrà avere solo due bibliotecari, con conseguenti riduzioni di orario, perché quelli anziani sono in età pensionabile e l'amministrazione non assumerà altri operatori perché la gente chiede sicurezza e quindi ci vogliono più vigili urbani.
Come se non bastasse Asti ha aggiunto che ritiene sia arrivato il momento che anche a Spezia i volontari facciano il loro ingresso nel settore culturale, così come avviene con successo in altre non ben specificate città.
Per essere chiari io penso che il volontariato sia una cosa meravigliosa ma non possiamo non dire che per colpa di leggi sbagliate e di amministratori poco lungimiranti il volontariato, soprattutto quello che si occupa di Beni Culturali, è problema enorme.
Le ragioni fondamentalmente sono quattro:
1) abbatte il costo del lavoro. È una regola base del mercato: se c’è qualcuno che può offrire un determinato servizio gratis, il salario di tutti gli operatori che si occupano di servizi uguali o affini ne risentiranno. Finché sarà possibile, legalmente, avere volontari a occuparsi di tutto in Musei, biblioteche, archivi e luoghi culturali in genere, anche chi volontario non è vedrà costantemente abbassate le sue possibilità di guadagno.
2) crea un precedente devastante facendo passare il messaggio che è accettabile il concetto di “lavoro gratuito” e che soprattutto i giovani possono svolgere mansioni lavorative gratis. Questa dinamica va a danno soprattutto dei figli dei meno abbienti che non possono permettersi di lavorare gratis in attesa di un contratto decente che non si sa se e quando arriverà. Lavoro gratuito è un ossimoro che andrebbe cancellato dall'immaginario collettivo il prima possibile.
3) crea lavoro nero. Come ho già detto non sappiamo quali siano i modelli virtuosi a cui si riferisce Asti ma ovunque il volontariato culturale, così pensato e (de)regolamentato, crea lavoro nero. Ci sono migliaia di realtà in Italia che guadagnano usando il lavoro dei “volontari”. I famosi casi degli “scontrinisti”della Biblioteca Nazionale di Roma, di Napoli Sotterranea, o la recente vergogna di Parma capitale della cultura nel 2020 con i bibliotecari inquadrati con contratti da cuochi, non sono casi isolati ma la norma. Appari volontario ma in realtà prendi qualche centinaio di euro al mese ma spesso sei una persona che parla tre lingue ed è pure laureato in Storia dell’Arte, ma l’unico modo che hai per lavorare, con questa concorrenza sleale, è fingerti “volontario” .Questo come è ovvio significa anche svilire le professioni e i percorsi di studio.
4) abbassa la qualità dei servizi. La presenza di personale non qualificato fa si che magari la biblioteca rimane aperta ma chi lavora, non essendo pagato non può e non deve certo garantire professionalità. Ciò ha inevitabili ricadute sociali ed economiche soprattutto in un territorio come il nostro che ha scelto di fare del turismo un asset strategico.
Tutto questo accade perché in materia esistono leggi come la 4/1993 (Legge Ronchey) e l’articolo 12 del Codice dei Beni Culturali che andrebbero cambiate immediatamente in quanto danno mandato da una parte a tutti i Musei, gli archivi e le biblioteche statali di poter integrare il personale stipulando convenzioni con associazioni di volontariato, e dall'altra sanciscono che le associazioni culturali o di volontariato siano il primo interlocutore di ogni ente pubblico (e non solo) quando si parla di valorizzazione del Patrimonio culturale.
Per tornare alle nostre vicende spezzine Asti con le sue dichiarazioni ha dimostrato due cose: la prima è che questa giunta ha abdicato al ruolo di programmazione e di indirizzo che spetterebbe alla politica, le scelte le prendono solo in base al consenso, la seconda che non conosce o forse non è interessato alla situazione dei lavoratori nel settore dei beni culturali .
A tal proposito mi permetto di suggerigli di andare a Roma il 6 ottobre alla prima manifestazione nazionale e unitaria per la Cultura e il Lavoro promossa da “Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali” e alla quale hanno aderito numerose sigle, forse potrebbe essergli utile per fare scelte più assennate.
Giacomo Pregazzi
Sinistra Italiana