Da almeno 5 anni, nelle Cinque Terre si registra un problema di “eccesso di turismo”.
Mentre romanticamente si tende ancora a parlare di tradizioni locali, “paesini di pescatori e contadini”, tramonti romantici, vino e prodotti locali, la realtà mostra una faccia piuttosto brutta: sparite quasi del tutto le attività utili ai residenti, moltiplicate le spese per i residenti per acquistare prodotti nei pochi negozi di alimentari rimasti (per fortuna), miasmi di fritto (pescato locale? tutti i pescatori si sono convertiti al turismo, tutti), cestini della spazzatura trabordanti, gelaterie, pizzerie al taglio, coni di fritto misto.
La realtà è appunto diversa negli ultimi 10 anni, molto differente poi da quella che viene descritta sui social network e sugli articoli di stampa.
Si insegue tutt'ora il modello della massimizzazione del turismo: prendiamo tutto ora che domani non si sa.
Quello che più stride con la realtà è però che a capo di questo racconto ci siano gli Enti pubblici.
Negli ultimi anni ci si comporta come 15 anni fa, non si studia, non si analizza il fenomeno turistico che è invece drammaticamente cambiato.
Eppure se partissimo dal concetto di “troppo pieno” descritto di seguito, vedremmo come una attenta analisi del reale darebbe strumenti potenti al decisore pubblico:
L'industria del turismo si trova di fronte a sempre più numerosi casi di sovra-popolarità, che impattano nella società locale, nell'ambiente e nei mezzi economici. Mentre l'industria turistica si è adoperata a massimizzare le visite grazie al marketing e alla promozione, meno interesse e attenzione sono state rivolte a come accogliere o ridurre il livello di “troppo pieno”.
Il termine “troppo pieno” si riferisce direttamente alla capacità di carico di un territorio, concetto spesso non capito o male interpretato. Il concetto deriva dall'agricoltura e nel turismo fa riferimento al numero di persone cui un territorio riesce a “far fronte” prima di deteriorare le proprie risorse (Beeton 1998, Butler 1999). Il concetto di “limite” applicato al turismo ha origine fin dai primi studi dedicati al turismo e solo ora qualche piccolo passo in avanti si vede e consente al decisore politico di adottare le giuste strategie.
Invece si inseguono le famose “casette colorate”, i guru dei social network, gli instagrammer che vengono a raccontare una pericolosa realtà distorta, le Cinque Terre quali non sono, o comunque non sono più.
Orde di barbari dietro ad ombrellini colorati che parlano di folklore e di una vita che, da queste parti, non si respira più.
Che poi i privati hanno anche tutto il diritto di massimizzare i loro profitti.. ma a che prezzo tutto questo?
Se passa il concetto che siccome ormai tutti vivono di turismo non si possono tentare politiche di mitigazione di queste orde, non si può parlare di turismo SOSTENIBILE, non si può parlare di educazione del turismo.
Occorre parlare di pianificazione deliberata contro il residente, punto. Occorre chiedere al residente gentilmente di togliersi dalle scatole per far posto all'ennesimo negozio di calamite. Occorre chiedere agli Enti pubblici (Comuni e Parco) da che parte stanno.
Perchè inutile sciacquarsi la bocca con il turismo (in)sostenibile se poi si chiamano gli instagrammer a tuffarsi dagli scogli, che scateneranno sicuramente un effetto emulazione nel punto stesso dove qualche mese prima una ragazza ha rischiato la vita, mettendo in croce quelle sante donne e santi uomini che fanno i volontari nelle pubbliche assistenze.
La comunicazione oggi è la base anche di una rivoluzione turistica. #basta coni di fritto, tuffi e casette colorate.
Diciamo ai turisti che se sono affaticati a fare la salita di Manarola qui non devono venire. Che non è diritto di tutti fare tutto. Il senso del limite è un concetto che dovrà essere sempre più utilizzato nel turismo e pertanto nella comunicazione e gli Enti pubblici devono fare proprio questo messaggio. Cambiare strategia comunicativa è un primo passo di quel millantato turismo sostenibile che millantano da anni.
Nicola Busco
No.Va. - I Nostri Valori