"I membri del gruppo consigliare di minoranza “Porto Venere Bene Comune” esprimono forte disappunto e profondo rammarico per l’epilogo della gara d’appalto per l’apertura e la pulizia del castello Doria del borgo, che ha portato, a seguito di un bando del Comune emesso lo scorso maggio, il cui esito ha dato luogo, a causa di un ribasso forse troppo accentuato (da una base di oltre 26.000 euro si è affidato il servizio alla società aggiudicataria per una cifra inferiore a 18.000 euro per un semestre) alla rimodulazione degli stipendi delle persone fino ad oggi incaricate di tali mansioni, che si sono viste proporre in prima istanza un contratto part-time di sei mesi a tempo determinato ed una cospicua riduzione del compenso orario, da circa 7,50 euro/ora a meno di 5,00
Questa proposta fortemente peggiorativa, nonostante la mediazione (forse tardiva) sindacale, ha generato perplessità e temporeggiamenti legittimi al personale, diviso se accettare un contratto “capestro” o perdere il posto di lavoro seduta stante, e si è conclusa, oggi, nel peggiore dei modi, con il rimpiazzo dei due dipendenti con altre persone, evidentemente bisognose di un posto di lavoro, seppur di modesta redditività.
Una “guerra tra poveri” in sostanza che non possiamo accettare, tanto meno se furbescamente bollata come “legge del mercato”.
Crediamo sia dovere di una amministrazione compiere tutti gli sforzi che le è possibile per garantire uno standard di servizio confacente al prestigio della località e al patrimonio da gestire (si parla del castello sito in un borgo patrimonio dell’umanità) in cui il visitatore non si aspetta di trovare semplicemente servizi di portineria, ma accoglienza professionale e corretta gestione del bene, anche sotto il profilo della sicurezza e della competenza storica ed artistica oltre che, e questo a prescindere, salvaguardare livelli retributivi per il personale in grado di garantire le giuste motivazioni lavorative e una vita quantomeno dignitosa.
La mera applicazione dei parametri minimi di legge nei bandi è una semplificazione che finisce con penalizzare tanto i lavoratori (chiunque essi siano, i nuovi quanto i precedenti) sia la qualità del servizio offerto al pubblico.
Vogliamo solo sperare che questo atteggiamento non sia il preambolo di uno svilimento del bene sotto l’egida dell’amministrazione pubblica, magari propedeutico a nuove gestioni di lungo periodo in totale chiave privatistica, e che venga prontamente corretto nei futuri bandi di servizio.
Di apericena in luoghi pubblici spacciati per recuperi di alta classe non sappiamo davvero che farne".
SAUL CARASSALE
FRANCESCA SACCONI
FRANCO TALEVI
FABIO CARASSALE