Interverranno Lorenzo Cimino, segretario generale della Cgil, per il Coordinamento Io non respingo; Maria Peralta, Presidente del Comitato Solidarietà Immigrati; Dia Papa Demba, Presidente dei Consigli e delle Consulte degli stranieri della Toscana. "Schiavi" è un film sulla gestione aberrante dell'emergenza immigrazione, sulla disperazione e la rabbia dei migranti, sulla distanza dell'Unione europea, sugli imprenditori e sui caporali alla sbarra in un processo a Lecce, unico in Europa, per riduzione in schiavitù. Un film che ci racconta fatti e storie che generalmente non catturano la nostra attenzione a causa di quella "globalizzazione dell'indifferenza" denunciata da Papa Francesco dopo la tragedia di Lampedusa. Ma le persone per le quali non dobbiamo essere indifferenti non possono essere soltanto quelle chiuse in una schiera di bare. Non possiamo disinteressarci dei sopravvissuti che, con "atto dovuto" della magistratura, sono stati denunciati per il reato di immigrazione clandestina. Pensiamo solo a quanto accaduto poche settimane fa: le bocche cucite dei profughi trattenuti nel centro di identificazione e di espulsione di Ponte Galeria sono la rappresentazione crudele di come, nel nostro Paese, l'accoglienza possa slittare rapidamente verso la privazione della libertà e di come l'autolesionismo possa diventare la sola forma, esasperata e disperata, per comunicare la sofferenza. Occorre non perdere altro tempo. Perché significa assumersi la responsabilità terribile di far continuare lo scempio dei diritti e della dignità umana che si consuma immediatamente nei Cie. Bisogna chiudere i Cie e costruire un vero sistema di accoglienza con strutture articolate e differenziate rispetto alla diversità delle situazioni e dei bisogni. Bisogna cancellare l'assurda possibilità della detenzione amministrativa per ben 18 mesi, un carcere comminato senza l'intervento di un giudice, senza nessuna garanzia di difesa, senza neanche le normali tutele previste nell'ordinamento carcerario. Bisogna cambiare totalmente l'approccio sui temi dell'immigrazione a partire dalla cancellazione della legge Bossi-Fini e del reato di immigrazione clandestina. La legge Bossi Fini è quasi un compendio di inciviltà per le motivazioni profonde che l'hanno generata e per le regole che ne hanno costituito la traduzione concreta. Per questa legge l'immigrazione deve essere considerata come un problema di ordine pubblico, con conseguente ricorso massiccio alle norme penali e agli interventi di polizia. All'origine vi è il rifiuto dell'altro, del diverso, del lontano, che con il solo suo insediarsi nel Paese ne mette in pericolo i fondamenti culturali e religiosi. Un attentato perenne, dunque, da contrastare in ogni modo. Un atteggiamento razzista che considera pregiudizialmente il migrante irregolare come il responsabile di un reato, rafforzando così la propensione al rifiuto. L'unica risposta seria istituzionale alla tragedia di Lampedusa e all'aberrazione dei Cie è l'abrogazione della legge Bossi Fini, sostituendola con norme rispettose dei diritti delle persone.