Il disastro di Ischia sta riproponendo in tutta Italia il ritardo, la superficialità, la dissennatezza con cui vengono affrontate la crisi climatica e le sue conseguenze sui territori. Anche nella nostra provincia le alluvioni sembrano non aver insegnato nulla. Si continua a costruire in terreni con criticità idrogeologiche. E’ il caso della zona di Saliceti. Già nel Piano provinciale dei rifiuti del 2003 veniva indicata come area con criticità idrogeologica. Eppure Regione e Provincia insistono copn un ricorso al Consiglio di Stato con i denari degli spezzini per realizzarvi il progetto di Iren di un biodigestore da 120.000 tonnellate effettive di rifiuti organici, di cui solo 30.000 spezzini.
Per sensibilizzare su ciò che può accadere a Saliceti col carico di rischio per la falda acquifera e quindi per l’acqua potabile della Spezia, Cittadinanzattiva, Italia Nostra e i Comitati No Biodigestore, Sarzana, che botta e Acqua Bene Comune, Legambiente, Forum italiano dei movimenti per l’acqua, Associazione Poseidonia, Palmaria SI ’Masterplan NO organizzano per sabato 3 dicembre alle ore 15 un presidio tra corso Cavour e via Rattazzi, invitando ad aderire cittadini, movimenti, partiti e amministratori, che intendono condividere l’iniziativa di contrasto a questo impianto.
Qualcuno si chiederà cosa accomuna Saliceti a Ischia. Innanzitutto la criticità idrogeologica.
Nel 2011 il TMB, impianto capace di trattare 105 mila tonnellate di indifferenziato, sempre a Saliceti, è stato sfiorato dall’alluvione del 2011. Oggi sappiamo che gli eventi climatici sono sempre più violenti. L’Europa ha prescritto di dotarsi di piani di rischio alluvioni che non guardino solo agli eventi del passato, ma piuttosto a quelli che stanno stravolgendo il pianeta e di una carta nazionale delle crisi climatiche. Ebbene l’unica misura di prevenzione prevista per il nuovo impianto è di alzare di 80 centimetri il piano degli uffici.
Ma come Ischia, Saliceti è anche zona sismica con quattro faglie attive e capaci, cioè in movimento e passibili di provocare danni alle persone e alle infrastrutture. Ebbene le carte sismiche dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) del 2019 sono state ignorate dalla Conferenza dei servizi conclusa nel dicembre 2021.
A parte i comuni di Vezzano e Santo Stefano, nessun ente preposto a proteggere il territorio e la pubblica incolumità si è attivato: sembrano tutti ipnotizzati dalla Regione.
Come cittadini siamo stufi dei fiumi di retorica che vengono sparsi dopo le calamità da politici e autorità. Lacrime di coccodrillo dopo ogni catastrofe.
Se gli odori che usciranno dai camini alti trenta metri del biodigestore saranno un problema per gli abitanti di Santo Stefano e Vezzano, l’eventuale inquinamento della falda comprometterebbe l’acqua potabile di oltre 150.000 abitanti della provincia. E c’è da tremare al pensiero di un nuovo incendio devastante al TMB, come avvenuto a Malagrotta a Roma: il biodigestore, che userà gas per produrre metano, ne verrebbe investito. Le emissioni di sostanze inquinanti si diffonderebbero a non meno di sei chilometri in linea d’aria. Prevenire è meglio che stracciarsi ipocritamente le vesti dopo i fatti. Tanto dopo nessuno paga. Soprattutto i politici che approvano piani e progetti.
Cittadinanzattiva,
Italia Nostra
i Comitati No Biodigestore, Sarzana, che botta e Acqua Bene Comune,
Legambiente,
Forum italiano dei movimenti per l’acqua,
Associazione Poseidonia,
Palmaria SI' Masterplan NO