La presentazione a Sarzana del libro di Rino Genovese “Socialismo utopico, socialismo possibile”, a cura del Circolo Culturale Alessandro Pertini e dell’Associazione Culturale Mediterraneo, è stata l’occasione per un confronto sullo stato della sinistra.
“Non ci resta che il socialismo”, questo il tratto che ha unito gli interventi di Genovese, di Nicola Caprioni e di Giorgio Pagano. Il socialismo democratico non ha mai avuto buona accoglienza in Italia. Quando c’era un forte Pci era considerato troppo di destra, oggi a una gran parte del Pd appare troppo di sinistra. Mentre i Cinque Stelle di Conte sembrano guardare a questa prospettiva, ma gliene manca ancora la cultura.
Per Caprioni “il socialismo va attualizzato: non può più essere industrialista, operaista e eurocentrico, deve aprirsi alle nuove figure sociali del mondo del lavoro, all’ambientalismo, alle tante forme del socialismo nel mondo, dall’Africa all’America Latina”. Genovese ha insistito sul socialismo come “realizzazione dell’individuo moderno”: “bisogna realizzare le case popolari, come si faceva nell’Austria socialdemocratica di inizio Novecento, ma non più con i bagni in comune”, unendo quindi bisogni sociali e individuali.
Pagano ha convenuto: “Va restituito l’onore alle esperienze socialdemocratiche, che hanno conseguito risultati importanti, in Scandinavia più che altrove, dando vita allo Stato sociale e ai diritti sociali, abbandonati con troppo disinvoltura dai loro eredi”. Ma, ha aggiunto, “va superato lo statalismo e va operata una correzione in senso libertario, fondata sulla convinzione che, come diceva Vittorio Foa, politica non è solo comando, è anche resistenza al comando, che politica non è solo governo della gente, è anche aiutare la gente a governarsi da sé”. Comune la critica a una sinistra che è fuggita dalla questione sociale, ha scelto un’idea acritica della modernità ed è stata afflitta dalla malattia del “governismo”, che l’ha resa inaffettiva rispetto al dolore della gente.
Sul “che fare” oggi non ci sono soluzioni semplici, hanno convenuto i relatori e i tanti intervenuti: bisogna unire la fittissima serie di gruppi e associazioni che fanno cultura e solidarietà dal basso e ricominciare dal dibattito delle idee e dalla pratica sociale, aggregando tutti attorno a un modello di società giusta, da costruire tutti assieme.
E’ quel che serve anche a Sarzana -hanno aggiunto Caprioni e Pagano- in vista delle prossime elezioni: “federare partiti, movimenti, associazioni attorno a un’idea nuova della città, costruire un’alleanza non con una classe più redditiera che imprenditoriale ma con la gente che soffre, ha paura del futuro e vuole emancipare la propria vita”.