Con alcune disposizioni inserite nei commi da 910 a 914 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, il Legislatore impone, per qualsiasi prestazione lavorativa sia subordinata che autonoma, la piena tracciabilità, a partire dal 1° luglio 2018, delle retribuzioni e dei compensi.
Il divieto di corrispondere la retribuzione, compresi gli anticipi, attraverso il denaro contante direttamente al lavoratore, a prescindere dalla tipologia contrattuale intercorrente, viene evidenziato nel comma 911.
Vi rientrano:
- i rapporti di lavoro subordinato ex art. 2094 c.c. il quale definisce prestatori di lavoro subordinato coloro che si obbligano mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, fornendo il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore. Il successivo art. 2095 c.c. li distingue in dirigenti, quadri, impiegati ed operai. Tali rapporti rientrano, a pieno titolo, nella nuova disciplina a prescindere dalla tipologia, dalle modalità di svolgimento della prestazione e della durata (tempo indeterminato, part-time, lavoro a domicilio, telelavoro, smart-working, intermittente, ecc.). Le prestazioni occasionali ex art. 54-bis della legge n. 96/2017 sono, di per se stesse, tracciate per i pagamenti che avvengono attraverso l’INPS;
- i contratti di collaborazione coordinata e continuativa con le modalità previste dall’art. 2 del D.L.vo n. 81/2015 e dall’art. 409, n.3, cpc. Il Legislatore non cita le forme di lavoro autonomo occasionale ex art. 2222 c.c.;
- gli ulteriori contratti di lavoro, oltre il vincolo associativo, stipulati dai soci delle cooperative, secondo la previsione contenuta nell’art. 1, comma 3, della legge n. 142/2001. Tali rapporti possono assumere qualsiasi forma, afferma la norma: quindi, possono essere di natura subordinata, autonoma o di qualsiasi altra forma (compresi quelli di collaborazione coordinata non occasionale).
L’obbligo (comma 910) imporrà ai datori di lavoro ed ai committenti di corrispondere quanto dovuto al proprio personale o ai prestatori in presenza di un contratto di collaborazione attraverso uno dei seguenti mezzi:
- bonifico sul conto corrente identificato dal codice IBAN dal lavoratore;
- strumenti di pagamento elettronico;
- pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
- emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato. L’impedimento si intende comprovato allorquando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale del lavoratore purchè di età non inferiore ai 16 anni. Appare chiaro come, al di fuori di tale casistica, l’impossibilità a ricevere l’assegno debba essere provato, in caso di contenzioso anche con gli organi di vigilanza. Per quel che concerne la delega è ipotizzabile una forma semplice con delega sottoscritta dal lavoratore interessato e con copia del documento contenente gli estremi dello stesso.
Il comma 912 afferma che la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce, in alcun modo, prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione.
La violazione dell’obbligo della tracciabilità delle retribuzioni comporterà il pagamento di una sanzione amministrativa (comma 913) compresa tra 1.000 e 5.000 euro.
La “ratio” della disposizione appare evidente: si vuole togliere il lavoratore da un possibile stato di soggezione e, in tal modo, si vuole sottolineare il principio che l’unica attestazione dell’avvenuto pagamento della retribuzione è rappresentata dalla “traccia” lasciata in uno dei quattro modi per pagare indicati dal Legislatore.
Tutto questo, è bene sottolinearlo, non incide sugli adempimenti relativi alla busta paga fissati dalla legge n. 4/1953. Il datore di lavoro deve consegnare al proprio personale un prospetto paga siglato o con proprio timbro contenente i dati del lavoratore, il periodo al quale si riferisce la retribuzione, gli elementi della retribuzione comprensivi dell’assegno per il nucleo familiare e le trattenute.
Per effetto dell’art. 2099, comma 3, le retribuzioni possono prevedere una erogazione, attraverso compensi in natura, sia pure parziali.
Si intendono le prestazioni, legate alla produttività o alla innovazione, frutto di accordi di secondo livello, ove tutto o parte del salario di produttività che è misurabile, nei limiti reddituali previsti dalla norma, viene trasformato in benefit. Come per esempio i fringe benefit che continueranno ad essere erogati come benefici. .
Ma, nella vasta gamma dei datori di lavoro e dei committenti c’è qualcuno che resta fuori dagli obblighi di tracciabilità?
Le disposizioni non trovano applicazione nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni, identificate dall’art. 1, comma 2, del D.L.vo n. 165/2001 (Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, Enti locali, le ASL, le Comunità montane, le Istituzioni Universitarie e le scuole di ogni ordine e grado, l’ARAN, le Agenzie ex D.L.vo n. 300/1999, ecc.) e nel rapporto di lavoro domestico.
La ragione di tali eccezioni appaiono evidenti: la Pubblica Amministrazione, proprio perché tale, non eroga compensi “in nero” e nel lavoro domestico l’esenzione viene dettata dalla peculiarità del rapporto che, molte volte, si volge per poche ore.
L’obbligo scatterà il 1° luglio 2018, ma il tempo intercorrente tra l’entrata in vigore della norma e quella data servirà per alcuni passaggi operativi fondamentali.
Entro la fine di marzo 2018 l’Esecutivo è chiamato a stipulare una convenzione con le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale, con l’Associazione Bancaria Italiana e con Poste Italiane SpA, finalizzata ad individuare gli strumenti idonei a promuovere la conoscenza e la corretta attuazione delle disposizioni introdotte.