I protagonisti della prossima iniziativa dell’Associazione Culturale Mediterraneo saranno Carlo Galli, docente di Storia delle Dottrine Politiche all'Università di Bologna, autore di "Sovranità", e Pierfranco Pellizzetti, docente di Comunicazione alla Scuola Politecnica di Genova, autore di "Il conflitto populista". Galli e Pellizzetti discuteranno del tema "TRA SOVRANISMO E POPULISMO. IL FUTURO DELLA SINISTRA EUROPEA".
Si tratta di due intellettuali d’area liberale, che sul male oscuro che affligge l’Occidente e sui possibili rimedi la vedono in maniera molto diversa, se non diametralmente opposta.
Galli, partendo dall’assunto che “sovranità è democrazia”, propugna il ripristino della mediazione politica come riequilibrio di rapporti di forza sbilanciati a vantaggio dell’Economico. Pellizzetti, ribadendo che “democrazia è conflitto”, denuncia le trappole linguistiche con cui un potere declinante stravolge a proprio vantaggio la rappresentazione dell’esistente e delle poste in gioco.
Oggetto del contendere diventa la “questione populista”: insorgenza irresponsabile o aggregazione di componenti sociali per la rifondazione democratica?
Di questo e degli orizzonti possibili per la sinistra, mentre si avvicina un appuntamento cruciale per la costruzione europea, si parlerà alla Spezia il 23 maggio prossimo alle ore 17 (Mediateca Regionale Ligure Sergio Fregoso, via Firenze, 37).
La riflessione di Carlo Galli
Sovranità: “disprezzarla, o deriderla”: è l’imperativo politicamente corretto delle élite intellettuali mainstream. Chi evoca quel concetto che sta al cuore della dottrina dello Stato, del diritto pubblico, della Costituzione e della Carta dell’Onu, è ormai considerato un maleducato, un troglodita: compatito e schernito come chi cercasse di telefonare in cabine a gettoni, quando non demonizzato come fascista. Sovranità è passatismo o tribalismo, nostalgia o razzismo, goffaggine o crimine. E sovranismo è sinonimo di cattiveria. Secondo Carlo Galli, invece, le cose non stanno così, e per orientarsi si deve uscire dai luoghi comuni e dalle invettive moralistiche. Il ritorno della sovranità è il segno dell’esigenza di una nuova politica.
Galli non condivide l’utilizzazione dei populisti del concetto di sovranità in senso anti-establishment, per promettere ai ceti sociali più deboli una protezione contro le dinamiche più rovinose del neoliberismo. In realtà la sovranità populista, così come è gestita oggi prevalentemente da destra, non attacca il paradigma economico vigente; si limita a concedere ai cittadini compensazioni e risarcimenti sul piano simbolico e ideologico. Non c’è quindi maggior difesa contro la potenza del capitale, ma c’è maggiore propensione a individuare capri espiatori verso i quali far convergere le paure dei cittadini. Ma la sovranità potrebbe anche essere interpretata da sinistra, sostiene Galli, benché oggi non si vedano tracce di questa possibile opzione.
Ma qual è il rapporto tra la sovranità e l’Europa? Le nuove soggettività sovrane sarebbero in ultima analisi i vecchi Stati europei. In linea di principio, quindi, la sovranità europea in senso spinelliano e la sovranità dei vecchi Stati si escludono a vicenda. Ma si deve notare, sostiene Galli, che la sovranità europea “spinelliana” non è veramente all’ordine del giorno di nessuna forza politica al potere (la Ue da parte sua non è oggi per nulla sovrana); e d’altra parte non è pensabile che si formi un processo costituente europeo a partire da Stati deboli o vacillanti. E quindi, conclude Galli, il rafforzamento degli Stati è indispensabile, nel medio periodo, sia che si vada verso una prospettiva di sovranità plurali sia che si punti alla costruzione di una sovranità federale europea.
La riflessione di Pierfranco Pellizzetti
Anche Pierfranco Pellizzetti è critico verso l’Europa neoliberista. Se l'irradiamento economico, politico, culturale e mediatico da parte del mondo anglosassone, epicentro dell'ordine novecentesco tuttora vigente, presenta indiscutibili segni di esaurimento con effetti imbarbarenti, cresce la messa in campo di strumenti difensivi da parte della plutocrazia minacciata dalle insorgenze indignate; sotto forma di marchingegni comunicativi, che bollano come "populismo" il semplice rifiuto della finanziarizzazione del mondo, e la trasformazione del sistema democratico in Post-democrazia, avviata a diventare "Democratura" (il guscio vuoto di pratiche formali al servizio del nuovo autoritarismo). Siamo alla fine di una fase storica dell'economia-Mondo o piuttosto dell'ordine capitalistico complessivamente inteso? In questo scenario di decadenza, le strategie di contrasto emergono, secondo Pellizzetti, nelle aree alla periferia dei Quartieri Generali e nelle città ribelli alla centralizzazione del Potere. I luoghi dove il conflitto per la democrazia riprende vigore riflettendo sul nuovo soggetto antagonista, che può nascere dall'aggregazione di interessi convergenti (lavorativi, ambientalisti, di genere, ecc.) nel comune interesse alla riappropriazione di futuro. Diversa è dunque, rispetto a Galli, l’alternativa prospettata: bisogna riorganizzare il frammentato mondo del lavoro e ripartire dai beni comuni. Rilanciando l'idea del conflitto, anche aspro, inteso come motore del cambiamento e della democrazia radicale; la città sarebbe il luogo ideale per esercitare questo (necessario) antagonismo.