Il giro di presentazioni di “Sebben che siamo donne. Resistenza al femminile in IV Zona Operativa, tra La Spezia e Lunigiana” ha fatto tappa a Zignago, Fivizzano e Levanto, sempre con grande partecipazione di cittadini.
A Zignago, dopo l’introduzione del Sindaco Simone Sivori, Giorgio Pagano ha citato i ritratti delle donne di montagna, contadine e pastorelle, che protessero e curarono i partigiani di Giustizia e Libertà e del Battaglione garibaldino “Vanni”: Clelia Biaggiotti e Ida Canale di Valgiuncata, presenti in sala, e Eleonora Denevi “Lalla” di Debbio. “Queste donne -ha detto- furono delle vere e proprie ancore di salvezza per i partigiani, con le povere e piccole cose messe a disposizione, raccolte faticosamente, dal cibo ai vestiti”. Pagano ha poi ricordato il ruolo delle donne della famiglia Bertonelli, una famiglia agiata che possedeva due case, una a Vezzola e una a Sasseta. Entrambe diventarono punti di riferimento per i partigiani: “Furono distribuiti, dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945, oltre 10.000 pasti: nella zona le due case erano scherzosamente designate ‘Comandi tappa’”. Una delle donne Bertonelli fu anche staffetta partigiana: Virginia, nome di battaglia “Dolores”, innamorata di Giovanni Pagani, eroe catturato dai tedeschi e ucciso dai fascisti il 3 febbraio 1945, dopo la battaglia del Gottero.
Maria Cristina Mirabello ha parlato di una fotografia molto significativa che trova posto nel libro: l'immagine riguarda un incontro avvenuto dopo la conclusione della guerra fra i partigiani del Battaglione garibaldino “Vanni” (che proprio nello Zignago si trovava dal novembre 1944 e che qui il 4 marzo 1945 perse il comandante Astorre Tanca, Medaglia d'Argento al VM). Questa foto bene comunica il legame fra Resistenza civile effettuata da tutta la popolazione (e dalle donne in particolare) e Resistenza armata che non avrebbe potuto sussistere senza l'aiuto della prima. Mirabello ha ricordato quanto il padre, Giuseppe Mirabello "Apollo", partigiano del "Vanni", le aveva sempre raccontato riguardo questo fondamentale apporto e ha ricordato che nel corso del rastrellamento del 20 gennaio 1945 proprio in zona, a Serò, la gente uscì addirittura dalle case e partecipò agli scontri contro i nazi-fascisti.
A Fivizzano il libro, dopo gli interventi di Carmine Mezzacappa e Daniele Rossi, è stato presentato da Caterina Rapetti, studiosa della Resistenza e delle tradizioni lunigianesi. “Il libro -ha detto- colma una lacuna in una storiografia che si è occupata solo della Resistenza militare e maschile”. Citando la testimonianza di Laura Seghettini, Rapetti ha detto: “Laura, che pure fece la Resistenza con le armi, evidenzia sempre il contributo decisivo delle staffette, delle contadine, delle madri”. Purtroppo, ha concluso, “nel dopoguerra cambiò tutto... non ci fu il riconoscimento che le donne meritavano, non solo: quelle che erano state nelle formazioni partigiane dovevano quasi giustificarsi, per non essere mal giudicate dal punto di vista morale dalla mentalità maschilista e sessista dell’epoca”.
Giorgio Pagano, come figura emblematica della Resistenza civile, ha citato la figura di Adele Cecchini Tonetti di Tenerano, la “mamma” della formazione “Orti” comandata da Lido Galletto: in certi momenti appare come “una sorta di orante greca, una nuova Antigone contro l’arroganza del potere”. Sul dopoguerra ha aggiunto: “La Resistenza aprì una breccia, e ci diede la Costituzione, in gran parte però inattuata: la sua attuazione è il vero programma politico per l’oggi, anche per l’emancipazione e la liberazione della donna”.
Infine Levanto, dove il libro è stato presentato, dopo il saluto del Sindaco Ilario Agata, da Fernanda Contri, già vicepresidente della Corte Costituzionale. “La Costituzione è anche il frutto della Resistenza delle donne, e non è un rifugio nostalgico ma il nostro patto sociale, che dobbiamo finalmente attuare per costruire il futuro”. “Sebben che siamo donne”, ha detto Contri, “è un’opera molto importante, che mette in evidenza la scelta spontanea delle donne, che furono le vere volontarie della Resistenza, perché non costrette, come gli uomini, dalla diserzione del bando della Repubblica di Salò”. Contri ha poi citato le storie delle donne contadine, “ricche di episodi in cui emergono la sapienza e l’astuzia che provengono dall’esperienza di direzione dell’economia domestica, come il cospargere le case di aceto per non far scovare ai cani dei tedeschi gli uomini nascosti nelle cantine o nelle botti”.
Giorgio Pagano si è soffermato soprattutto sulla testimonianza di Vera Del Bene, nata a Levanto (era presente la figlia Oretta Iacopini): “Una figura straordinaria di donna di famiglia poverissima e perseguitata dal fascismo, prima staffetta, poi, dopo il carcere, partigiana in armi nel Battaglione Gramsci - Maccione: Vera racconta che la Resistenza fu il momento più bello della sua vita, in cui seguì il suo istinto di ribelle, ma anche che dopo fu sempre infelice, perché aveva visto troppi compagni morti, torturati, ammazzati”,
Maria Cristina Mirabello si è soffermata sulle cifre ufficiali delle donne riconosciute come partigiane o patriote in IV Zona operativa e ha sottolineato come molte donne, che operarono per la Resistenza e/o dentro la lotta clandestina nelle sue varie forme, non sempre nel dopoguerra richiesero tale riconoscimento, mentre gli uomini lo fecero. La mentalità dell'epoca determinò nel dopoguerra un riflusso del protagonismo femminile. Non va dimenticato -ha concluso- che lo stesso diritto di voto, grazie al quale nel 1946 le donne votarono alle politiche per la prima volta, nel 1945 fu oggetto controverso, visto che nella prima stesura prevedeva l'elettorato attivo (eleggere) ma non passivo (essere elette) e che fu necessaria per modificarlo una piccola battaglia. Fu così che alle elezioni amministrative del febbraio 1946 le donne poterono essere elettrici ed elette.