L’incontro è stato aperto dalla presentazione multimediale curata dal Gruppo Fotografico Obiettivo Spezia, comprendente le 70 foto del libro. Gianluca Solfaroli, vicepresidente dell’Associazione, ha introdotto descrivendo il libro, composto da una prima parte di profili biografici e testimonianze e da una seconda parte di strumenti critici. “La parte più emozionante è quella dedicata alle donne contadine, che diedero un sostegno fondamentale alla Resistenza armata”, ha detto Solfaroli, che ha aggiunto: “Le fotografie sono molto belle, danno un tocco di grazia al libro”. Il dato di fondo che emerge è che nella Resistenza “per la prima volta nella storia nazionale le donne non si rinchiusero nel privato e si assunsero grandi responsabilità”.
Maurizio Fiorillo, storico e rappresentante dell’Istituto Storico della Resistenza spezzino, ha definito il libro “emozionante, utile e anche necessario, perché l’immagine della Resistenza locale è ancora maschile e anche la storiografia locale è stata un po’ maschile”. Fiorillo si è soffermato su due punti centrali affrontati nel libro: “il rapporto simbiotico tra partigiani e donne contadine” e “la paura dello scompiglio portato dalle donne partigiane nelle formazioni armate”: “anche quando le donne, come Angela Bastelli e Vera Del Bene, avevano rapporti fraterni con gli uomini, avevano però anche difficoltà ad essere accettate pienamente”.
Chiara Dogliotti, del Comitato Scientifico dell’Istituto Storico della Resistenza Ligure, ha definito “Sebben che siamo donne” un libro “di straordinaria ricchezza, che ricorda ‘L’anello forte’ di Nuto Revelli”. Una figura simbolo è “la mamma”: “la pietas della donna che lava e ricompone i cadaveri degli uccisi”, “le donne che sembrano Antigoni che si mettono contro la legge dalla parte del cuore”. Dogliotti ha poi analizzato il rapporto donne-violenza -“se Vera Del Bene dice che l’uso delle armi le ha tolto la felicità, per altre partigiane l’uso delle armi significa eguaglianza con l’uomo”- e la “rigidità sessuale del mondo partigiano, elemento che univa comunisti e cattolici”. La parte conclusiva del suo intervento è stata dedicata al “rammarico” per “il rientro, nel dopoguerra, delle donne nei ranghi”.
Poi la parola è passata agli autori. Per Giorgio Pagano le protagoniste del libro sono “le donne semplici”, nel contesto di “una concezione della Resistenza in cui la madre non ha uno spazio minore del partigiano”. Dobbiamo ripartire dalle loro storie, ha aggiunto, per trasmettere l’eredità della Resistenza: “dal loro ardimento morale, dalla loro scelta per una vita intesa come cammino collettivo e solidale con gli altri”, che emerge subito dopo il 25 luglio 1943, quando tra i primi morti ci fu la giovane operaia Lina Fratoni, e poi pienamente dopo l’8 settembre 1943, “quando furono soprattutto le donne a soccorrere i soldati che sbandavano in un Paese occupato, nel nome dell’umanesimo e dell’odio contro la guerra”. Poi le donne proseguirono su questa strada, nascondendo, vigilando, risalendo la Cisa con i carretti a cercar cibo. Le donne contadine furono decisive nella cura e nell’assistenza, molte donne diventarono staffette, altre parteciparono alla lotta armata. “Certamente -ha concluso Pagano- i partiti e i CLN ebbero un peso, indicarono una politica e una prospettiva, ma poterono farlo perché stava crescendo nella società e nelle persone, nelle donne in primo luogo, l’ardir, l’ardimento morale con la sua carica di dirompente rottura”.
Infine Maria Cristina Mirabello: “La memoria ha bisogno sia di ricerca che di passione, per questo nel libro abbiamo coniugato la parola delle donne con la sistemazione storica”. “Le donne -ha aggiunto- sono state protagoniste con umiltà non con superbia... leggendo il libro ci si stupisce delle tante potenzialità inespresse”. “Nella vita delle donne protagoniste del libro si intravede -ha concluso- l’apertura di una breccia, il principio di un percorso di partecipazione... oggi, in un momento difficile di questo percorso la Resistenza insegna che tutte, anche le donne più deboli, e in ogni occasione, possono fare qualcosa”.