Gianni Mattioli, docente di Fisica all'Università di Roma La Sapienza, uno dei padri dell'ambientalismo scientifico italiano, già parlamentare e ministro, è stato il protagonista dell'ultima iniziativa dell'Associazione Culturale Mediterraneo,
dedicata al tema "Uscire dalla crisi ambientale ed economica con la conversione ecologica dell'economia. Quale strada?". Mattioli si è soffermato sia sullo sconvolgimento climatico in atto sia sulla crisi economico-finanziaria, indagando sulle loro cause, e ha affermato che "entrambe le crisi esigono la modifica di un modello di crescita quantitativo che si è rivelato rovinoso". La green economy può essere, ha aggiunto, "il punto di partenza solo se non è un fattore aggiuntivo ma una modifica di tutte le culture produttive": efficienza energetica e ricorso alle fonti rinnovabili; riqualificazione urbana; ristrutturazione degli impianti industriali e abbattimento degli inquinanti; ristrutturazione delle reti di trasporto; difesa del suolo; agricoltura come sicurezza alimentare ma anche come controllo della franosità e della sicurezza idraulica; prevenzione sanitaria; restauro e valorizzazione dei beni storici, ambientali e culturali; eccellenza della produzione artigianale e di nicchia". La conversione ecologica dell'economia è, ha concluso Mattioli, "il passaggio dalla cultura produttiva della quantità alla cultura della qualità, a un modello di sviluppo radicalmente alternativo a quello neoliberista, a una programmazione economica democratica che deve essere partecipata, perché è impraticabile senza cambiamenti dei nostri stili di vita individuali".
Numerosi gli interventi del pubblico, che hanno toccato le principali problematiche ambientali, dall'Ilva alla Tav, dalla gestione dei rifiuti alle centrali a carbone. Su quest'ultimo punto, riguardo alla situazione spezzina, Mattioli ha sottolineato l'impatto ambientale del carbone: "La ricerca non ci dà ancora garanzie né sulla gassificazione del carbone né sulla cattura nel sottosuolo dell'anidride carbonica da esso prodotta. Il futuro è nelle energie rinnovabili, che sono arrivate a coprire il 26% della produzione di energia elettrica". Su questo punto il Governo Monti, con la sua proposta di Strategia energetica nazionale, è "ancora troppo arretrato, perché punta soprattutto sul petrolio da estrarre dal mare e sul gas".
(Fotografia di Francesco Tassara)