C'erano, tra gli altri, i partigiani Giovanni Barbieri "Giovanni", Giulio Vasoli "Uragano" e Gino Sentieri "Tedesco", e Anna, la figlia di Bianca Mori Paganini, donna simbolo della deportazione degli spezzini nei campi di concentramento nazisti. Marcello Armani, del circolo Arci, ha definito "Eppur bisogna ardir" "un libro necessario per tramandare la memoria", mentre Franco Bernardi, copresidente del Comitato Unitario della Resistenza, ha sostenuto che il libro, da cui emergono tutti gli aspetti della Resistenza spezzina, è in primo luogo "uno spaccato di umanità, che mette in luce la scelta morale dei partigiani e dei resistenti". Pierfranco Pellizzetti, opinionista di Micromega, del Fatto Quotidiano e di Repubblica Liguria, si è chiesto: "Dove è finito il sentimento nobile di settant'anni fa? La Resistenza è stata dimenticata perché è nata dal basso, e le classi dirigenti del nostro Paese hanno terrore di tutto quello che nasce dal basso".
L'autore ha ricordato il grande contributo di Migliarina alla Resistenza, fin dai tempi dell'antifascismo clandestino, poi con la partenza di tanti giovani per i monti dopo l'8 settembre 1943, fino al terribile rastrellamento del novembre 1944. Pagano ha citato una pagina del libro in cui Bianca Paganini dice: "Quell'esperienza non l'auguro a nessuno, non la rifarei per tutto l'oro del mondo, però da tanto male a me, sinceramente, è pur derivato del bene": cioè la comprensione dei veri valori della vita, della dolcezza, delle cose che veramente contano e sono dentro di noi. Sono parole, ha detto Pagano, che "spiegano meglio di ogni altra i valori dell'umanesimo alla radice della Resistenza".
L'autore ha poi citato un altro protagonista del libro, Giulio Vasoli "Uragano", presente in sala, sul tema della "scelta morale". Giulio la racconta così: "Ero un ragazzo senza coscienza politica, che preferiva andare in giro al sabato piuttosto che partecipare al 'premilitare' dei fascisti. Per questo fui interrogato e rinchiuso per una notte nel famigerato 21° Reggimento Fanteria. Da lì cominciò la mia maturazione, la comprensione della distinzione tra bene e male". Nel libro, ha detto Pagano, sono raccontate tante storie simili. La varietà di motivazioni individuali è molto ampia, ma tutte si inscrivono in un "clima morale": la scelta per il bene contro il male, per la libertà contro la dittatura, per una concezione della vita come cammino non solo individuale ma anche collettivo. "Una rivolta morale contro il potere dell'uomo sull'uomo, una riaffermazione dell'antico principio che il potere non deve averla vinta sulla virtù", ha continuato Pagano. Fu questa dimensione morale, questa "voce sotterranea", a indicare agli italiani la via della ribellione e del riscatto. Ecco "perché l''ardir', il coraggio morale, è la parola chiave del libro: è un valore più che mai attuale in una fase in cui è del tutto assente dalle qualità degli uomini pubblici, sostituito dall'accondiscendenza supina della politica all'economia e, all'interno della politica, al capo".
Pagano ha poi dialogato con Pellizzetti: "I partiti del dopoguerra recepirono poco e in parte la 'spinta dal basso' della Resistenza, però in parte lo fecero... oggi comunque la storia dei partiti è finita, non si può che ripartire dal basso, dalla società, dalla cultura". E ha citato un verso di Pietro Ingrao: "Pensammo una torre, scavammo nella polvere". Ingrao stesso lo commenta così: "La parola torre e la parola polvere fanno pensare a una distanza che in realtà non c'è: scavare nella polvere se si vuole essere torre".
E' tempo, ha concluso l'autore, di "tornare nella polvere, tra le persone, tra i poveri e gli esclusi di oggi, per pensare una nuova torre: gli ideali della Resistenza e della Costituzione, in questo cammino, saranno il nostro faro".