Anche Giorgio Pagano, presidente dell'Associazione, ha insistito su questo punto: "La terminologia politica occidentale non ci serve, bisogna modificare i nostri paradigmi interpretativi, altrimenti si ha un'immagine deformata dell'Islam".
Campanini ha invitato i ragazzi a "non usare la parola verità, perché è pericolosa, comporta una visione della politica basata sulla coppia amico-nemico, noi e gli altri diversi da noi". E ha spiegato che "la coppia Oriente-Occidente è un altro aspetto della coppia amico-nemico": "l'Islam è una realtà occidentale, una religione monoteistica nata accanto alla Palestina, le cui radici sono comuni al cristianesimo e all'ebraismo" e ha una storia "che si è sviluppata in relazione alla storia europea: guerre, crociate, imperialismo, colonialismo". Il mondo islamico, dunque, "non è l'altro, il diverso": se "è la faccia scura dell'Occidente lo è solo dagli anni Settanta del secolo scorso, per motivi legati alle vicende storiche, in primo luogo alla reazione alla sconfitta a opera di Israele nella guerra dei Sei Giorni, nel 1967". Il jihad "non è la guerra santa, ma lo sforzo": diventa "sforzo militare" solo per "riparare i torti e le ingiustizie", come nel cristianesimo fino al Concilio Vaticano Secondo. C'è infine il jihad "non difensivo ma offensivo, non dovere comunitario ma individuale", da cui nasce il terrorismo. Ma l'Islam non può essere identificato con il terrorismo, e nemmeno l'Islam radicale: "c'è un islamismo rivoluzionario e libertario che non è né fondamentalista né violento". L'invito finale è stato quello di "studiare e di approfondire la complessità della realtà Islam".
Questi temi sono stati ripresi nella presentazione di "Islam e politica". La conclusione di Campanini è aperta: "La strategia dell'Isis e del sedicente Stato islamico è un tradimento dell'Islam... il destino dell'Islam è tutto da ridisegnare, non c'è incompatibilità con la democrazia, può esserci non una democrazia 'europea', importata, ma una democrazia islamica, che non vagheggi il califfato". Ma a tal fine "l'Occidente deve avere un grande respiro strategico: tutto il contrario delle guerre di repressione preventiva".
Foto: Enrico Amici