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"Dopo il miracolo" di Alessandro Zaccuri a Lerici

Alla vigilia dell'anno della fede proclamato da Benedetto XVI, è da poco uscito nelle librerie «Dopo il miracolo», un romanzo sulla fede, scritto per Mondadori da Alessandro Zaccuri, volto noto di TV 2000, giornalista di Avvenire e scrittore.

Zaccuri, che a Spezia è nato nel 1964 e che vi ha vissuto da bambino prima di trasferirsi a Milano, presenterà il libro martedi alle 18 a Lerici, alla Festa di Avvenire. Ma ha senso, oggi, scrivere quello che viene apertamente definito un romanzo cattolico? Sì, e il successo editoriale del libro lo conferma. Perché questa sorta di viaggio nella fede racconta vicende e persone che appartengono chiaramente al vissuto della nostra Italia. E il guardarle con occhi che indagano sulla spiritualità e con una ragione aperta al soprannaturale, aiuta a capire meglio la realtà e anche a rendere la vita più divertente e piacevole, quasi come se fosse un avvincente «giallo», non privo di umorismo. Il romanzo, corale, ha tra i personaggi maggiori Mariasole, una sessantottina convertita davanti a un'icona nel santuario bolognese di San Luca, che nella sua «nuova vita» religiosa porta tutta l'adesione incondizionata, la confusione e l'entusiasmo del la sua ex-passione politica. Mariasole ha una figlia, Miryam, che crede morta a causa di un incidente. Ma dalla benedizione di don Alberto alla ragazza esanime scaturisce quello che per Mariasole è un miracolo - Miryam rimarrà in vita -, ma al quale don Alberto non crede. Il sacerdote, infatti, è un dotto teologo, con una fede razionalista, in cui i miracoli non rientrano e i gesti liturgici non hanno impatto. Una fede astratta, incapace di fare i conti con la realtà. Ma è la realtà - con una serie di vicende drammatiche, talora anche comiche e grottesche, e specie attraverso la sofferenza - a purificarlo e richiamarlo al vero. Così, lo scontro tra una fede che «vuole» il miracolo, rappresentata da Mariasole e la sua comunità orante, e una fede che il miracolo lo nega, quella di don Alberto, si risolve quando don Alberto troverà il coraggio di superare i suoi schemi mentali e aderire umilmente al Vangelo, con la carne. E, nella scena dei preparativi di «assedio» al seminario, si metterà a confessare Mariasole e i suoi amici, seguendo l'esempio di don Guglielmo, sacerdote maturo e coraggioso, immagine di un'umanità compiuta ed equilibrata, che non esita ad usare il dialetto per farsi capire ed il latino nelle preghiere. Don Guglielmo non ha paura dei due «mondi» che si affrontano. E li riconcilia con il perdono.

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