"Il mio è innanzitutto un libro di denuncia", ha esordito Rampini, convenendo con le considerazioni iniziali del Presidente di Mediterraneo Giorgio Pagano: "alla radice della crisi ci sono le diseguaglianze". A New York ci sono 50.000 senza tetto, ma non c'è solo la povertà estrema, c'è il ceto medio in difficoltà, e quasi metà della popolazione è a rischio povertà, ha spiegato, e ha aggiunto: "il meccanismo dei mutui subprime è stato il folle tentativo di far fronte al problema delle diseguaglianze". Le diseguaglianze "crescono con la crescita della finanziarizzazione dell'economia", come dimostra non solo la crisi del 2008 ma anche quella del 1929. Rampini ha poi posto la domanda: "Perché nessuno dei responsabili del dissesto ha pagato di persona?". Questa la sua risposta: "Perché le leggi non lo consentono, e perché le leggi sono state fatte dagli stessi banchieri, quando al governo c'era Clinton, simbolo della sinistra subalterna al neoliberismo". E' seguita la critica alle "porte girevoli", cioè al fatto che nei ruoli chiave dei Governi e delle banche centrali entrano ed escono molti banchieri delle banche private; e la critica alle banche centrali, "che non hanno fatto nulla quando le banche private emettevano i titoli tossici". Rampini ha poi affrontato la questione del "perché la crisi in America è già finita e in Europa no". Perché, ha spiegato, "in America hanno usato una terapia opposta alla nostra, Obama ha immesso 800 miliardi di dollari di grandi investimenti pubblici, la Banca Centrale americana ha stampato dollari per rianimare l'economia", mentre l'Europa ha fatto il rovescio, "provocando con l'austerity la seconda recessione, quando gli Usa uscivano dalla prima". E in Italia? Le banche, ha sostenuto il relatore, "riducono i crediti perché dicono di avere i bilanci disastrati, ma non si ricapitalizzano come in America perché il capitalismo italiano non crede nel mercato". Però le banche "finanziano Tronchetti Provera e il salotto buono, anche se non danno credito all'economia reale". La seconda parte della sua "lezione" Rampini l'ha dedicata alle proposte. Giorgio Pagano l'ha presentato come sostenitore di "un keynesismo innovativo, critico dell'austerity ma non nostalgico del vecchio statalismo e della spesa pubblica improduttiva, attento a tutto ciò che si muove di innovativo nella società, a temi come l'ambiente e il nuovo mutualismo". Rampini ha sintetizzato tutto ciò nel termine "resilienza": nei momenti di sofferenza, per resistere e risollevarsi sono necessari i valori. Quello più importante è l'eguaglianza: "i Paesi che sono più fuori dalla crisi sono i Paesi meno diseguali, come quelli scandinavi, perché con le diseguaglianze manca il carburante del consumo". In America, ha aggiunto, c'è anche "il capitalismo serio, con il gusto dell'avventura, il venture capital, cioè la finanza alternativa che innova il sistema con le start up". Rampini si è poi soffermato sulla "share economy" (economia della condivisione), sul consumo frugale e sostenibile, attento all'ambiente, sull'autonomia e sull'auto organizzazione della società civile: sono "i valori etici che ci devono guidare per uscire dalla crisi diversi da come ci siamo entrati e per ripartire su basi nuove". Valori presenti anche in tanti giovani italiani, "la nostra speranza che va incoraggiata". Foto: Enrico Amici.