Oltre un centinaio di persone, alcune provenienti anche da Parma e da Genova, hanno preso parte sabato mattina alla "passeggiata francescana" per le vie di Sarzana promossa dal centro di cultura "Niccolò V". In questo primo evento, al quale ne seguirà in settembre un altro, sul colle detto dei Cappuccini, l'architetto Roberto Ghelfi, relatore "itinerante", si è soffermato in particolare sull'antico convento delle monache Clarisse, ordine francescano femminile fondato da santa Chiara di Assisi.
Per la prima volta sono stati visitati, in successione, gli odierni cortili di palazzo Sartori (in angolo con piazza Matteotti) e di palazzo Massa Neri Picchi. Entrambi hanno fatto parte del monastero, nel periodo tra il primo Quattrocento e il primo Ottocento, quando la repubblica giacobina, istituita dai francesi di Napoleone, portò alla soppressione di molti ordini religiosi con i relatori conventi: per esempio, la soppressione del convento dei Domenicani, dirimpetto alle Clarisse, consentì la realizzazione nel giro di soli pochi mesi del teatro degli Impavidi.
Ghelfi si è soffermato a lungo sulle vicende urbanistiche della Sarzana medievale, sottolineando comunque che molto deve ancora essere investigato. Di sicuro quello delle Clarisse era un monastero molto grande, anche se il suo sviluppo fu graduale: di qui la probabile successione dei cortili, con i relativi pozzi, realizzati in una zona di Sarzana molto ricca di acqua per la presenza di falde superficiali provenienti dall'antico letto del fiume Magra.
Il relatore ha anche commentato alcune mappe settecentesche di Panfilo Vinzoni, rivelando che proprio nel convento delle Clarisse, in quel tempo, fossero ospitate diverse appartenenti alla famiglia Vinzoni. La signora Modesti, cui appartiene il palazzo Sartori, nell'accogliere il consistente gruppo dei visitatori, ha mostrato invece loro quello che è uno dei pochi residui esistenti del monastero: una lastra di ardesia con il simbolo tardo medievale detto "di San Bernardino", lastra utilizzata probabilmente insieme ad altre per le finestre conventuali.
A sua volta, Giorgio Picchi, nel cortile del palazzo della sua famiglia, già albergo della Posta (con relative scuderie per il cambio dei cavalli) poi passato alla famiglia Neri ed ora ai Picchi, ha mostrato alcuni stemmi marmorei di antiche famiglie sarzanesi, quali i Bernucci e i Valenti, a lungo anch'esse proprietarie di parti del lato sud-occidentale della "via grande".
Agostino Bernucci - come emerso pochi giorni fa dal convegno di presentazione della fondazione InCaSa, che ha ereditato il palazzo Bernucci - Tusini da Emilio Doni - nacque nel 1528, Ghelfi lo ha ricordato, proprio in un edificio non precisato di quell'area, edificio che nel 1566 era però già divenuto "Viridarium Monialium Sancte Clare", ovvero il giardino delle Clarisse.
Il gruppo si è poi spostato, accolto dal parroco don Franco Pagano, nella chiesa dei frati minori, la chiesa di San Francesco, della quale Ghelfi ha descritto le fasi di costruzione e via via di ampliamento e di abbellimento. La giornata si è conclusa con la visita all'attiguo chiostro, affrescato da Stefano Lemmi di Fivizzano con immagini della vita di san Francesco ed anche un singolare "quadro" dove si vede il papa sarzanese Niccolò V rendere omaggio ideale al santo di Assisi.
Gli affreschi, come è noto, sono molto deteriorati e dalla visita è venuta anche una ulteriore sollecitazione alle autorità competenti perché possano essere restaurati, magari proprio in occasione dell'attuale ciclo dei centenari francescani (2023 - 2026). Nel concludere l'incontro, il presidente del "Niccolò V" Egidio Banti ha sottolineato come la "passeggiata" abbia sì riguardato luoghi religiosi, ma come in modo inevitabile parlare di luoghi religiosi della Sarzana antica porti a riflettere sull'architettura, sull'urbanistica e sulla storia civile.