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Una Resistenza tradita? La risposta dello storico Paolo Pezzino In evidenza

"La Resistenza ha avuto esiti inferiori rispetto a quello che tanti suoi protagonisti si aspettavano, ma ebbe esiti positivi per la democrazia nel nostro Paese".

Una Resistenza tradita? La risposta dello storico Paolo Pezzino Foto di Enrico Amici

“Si poteva fare molto di più per attuare i valori della Resistenza, ma non ci fu un tradimento”. Si può sintetizzare così la riflessione dello storico Paolo Pezzino, docente di Storia all’Università di Pisa e presidente dell'Istituto Parri, sul tema "Una Resistenza tradita? Le speranze dei partigiani alla prova della realtà politica e sociale del dopoguerra”.

Pezzino ha partecipato a un incontro con gli studenti del Liceo Parentucelli-Arzelà di Sarzana e a un’iniziativa pubblica alla Biblioteca Beghi, nella quale ha dialogato con Patrizia Gallotti, presidente dell’Istituto spezzino per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea, e con Stefania Novelli, presidente del Comitato territoriale ARCI La Spezia, oltre che con numerose persone intervenute. I due incontri sono stati organizzati dall'Associazione Culturale Mediterraneo e dal Circolo Pertini, nell’ambito del ciclo “Socialismo e democrazia, uguaglianza e libertà. Storie, riflessioni, speranze”.

Pezzino si è soffermato sulle delusioni di una larga parte dei partigiani dopo il 25 aprile: per la richiesta di consegnare le armi dopo aver rischiato la vita – 50.000 erano stati i partigiani uccisi; perché l’Italia fu considerata dagli alleati un Paese sconfitto, senza operare una distinzione tra l’Italia che proclamò l’armistizio e quella che combatté a fianco degli alleati; perché il “vento del sud” prevalse sul “vento del nord”, in particolare sul punto dell’epurazione, cioè della cacciata dei fascisti dalle strutture istituzionali ed economiche.

Il presidente del Parri ha sostenuto che “si poteva fare molto di più per l’epurazione”. Ma che in generale “al di là di un certo limite non si poteva andare, salvo rischiare la guerra civile con gli alleati schierati dalla parte opposta”, perché “nella divisione del mondo in sfere di influenza l’Italia apparteneva a quella dell’Occidente capitalistico”
Occorre inoltre considerare, ha aggiunto, “la forza delle componenti moderate”.
La promulgazione della Costituzione, ha concluso, “fu un grande successo, un felice compromesso che all’inizio fu accantonato ma che poi a fatica, lentamente, diventò un elemento fondamentale della vita politica italiana”

Un’analisi storica scevra da passioni politiche spinge a dire che “la Resistenza ha avuto esiti inferiori rispetto a quello che tanti suoi protagonisti si aspettavano” ma che nel complesso “ebbe esiti positivi per la democrazia nel nostro Paese” e che per questo “il 25 aprile è una data da festeggiare”. Tanto più oggi: “non c’è il pericolo del ritorno del fascismo ma ci sono temi tipici del fascismo presenti nel dibattito pubblico, come il nazionalismo acceso e il razzismo, che vanno sempre combattuti”.

 

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