Successo anche a Monterosso per il primo Volume del libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”, presentato nell’ambito della rassegna “Monterosso un mare di libri”. Filippo Paganini, Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Liguria, ha dialogato con Giorgio Pagano su molti temi e avvenimenti presenti nel libro: gli anni Sessanta come anni di incubazione e maturazione del 1968-1969, l’importanza della Beat Generation e della generazione del Vietnam, la presenza, alla Spezia e in Italia, di un Sessantotto non solo giovanile ma anche operaio, fatto che fece durare il nostro Sessantotto più a lungo che in altri Paesi.
Il primo Volume del libro è dedicato al periodo che va dai moti del luglio 1960 al Maggio francese, quindi a inizio 1968. Alla richiesta di Paganini di raccontare tre momenti chiave del periodo alla Spezia, Pagano ha risposto soffermandosi innanzitutto sulle vicende delle lotte degli operai del Cantiere Ansaldo Muggiano per i salari e i diritti e per la salvezza dello stabilimento, che caratterizzarono tutto il decennio e diedero anche vita, nel 1961, al primo incontro tra operai e studenti in Italia.
Pagano ha poi raccontato l’occupazione del Liceo Scientifico Pacinotti il 5 febbraio 1968, un’occupazione durata un giorno, che fu tra le prime in Italia: gli studenti si battevano per il diritto all’assemblea, contro la scuola autoritaria, e per una scuola legata alla vita, contro il nozionismo e la cultura ossificata della scuola del tempo.
Il terzo riferimento dell’autore è stato alla creatività culturale del decennio, in particolare nelle Cinque Terre, che furono, negli anni Sessanta, “un’avanguardia sul mare”, meta di intellettuali provenienti da tutto il mondo, che intrecciarono le loro vite con quelle dei giovani del posto: “I ragazzi delle Cinque Terre, soprattutto a Vernazza e a Manarola, si formarono nell’interscambio con il ‘turismo culturale’, conoscendo un ‘mondo nuovo’ non limitato alla vigna e alla barca, come quello che avevano conosciuto fino ad allora. Ma anche Monterosso ebbe una dimensione internazionale, grazie alla Tortuga, il locale dove, per ascoltare musica e per ballare, si incontravano giovani provenienti da tutto il mondo”.
Infine, alla domanda di Paganini su “che cosa resta di quegli anni”, Pagano ha risposto così: “Le idee del 1968-1969 furono sconfitte negli anni Settanta, non lasciarono un segno sulla modernizzazione. Prevalse il neoliberismo. Ma qualche idea giusta dei vinti di quegli anni rimane: soprattutto del Sessantotto degli inizi, che fu una ribellione morale e libertaria. Tre idee in particolare. La prima è che non basta ‘il punto di vista di classe’, perché occorre creare un nuovo ‘senso comune’ e una nuova cultura: da qui l’importanza della scuola, degli apparati dell’egemonia, della riforma intellettuale e morale. La seconda è che non basta la conquista del potere, perché serve la liberazione della persona, la sua capacità di autodeterminare la propria vita. La terza è che non basta la politica come potenza, perché nella ridefinizione della politica è centrale il problema della nonviolenza”.
“Poteva, quindi -ha concluso Pagano- ‘andare diversamente’. Lo sguardo di tutti poi andò altrove: ma quei lasciti c’erano. E ci sono ancora, come potenzialità attuali. Come tracce di culture ‘dormienti’ che possono tornare in forme nuove. Come positiva eredità culturale e sociale del Sessantotto, con la quale occorre continuare a fare i conti, anche di fronte al dato del progressivo svuotamento e persino del pervertimento, in una brutta storia, delle sue originali vocazioni ideali”.