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Da Sarzana verso il Mondo in un viaggio lungo 44 anni In evidenza

di Luca Manfredini – Fabrizio e Patrizia “persi” in un cammino di oltre diecimila km dall’Europa all’Australia, passando per India, Malesia e Singapore, lungo un viaggio non ancora terminato.

 

Deve essere capitato a chiunque di ritrovarsi assorto nel segreto desiderio di abbandonare la propria routine, certo comoda e rassicurante, ma per alcuni vera e faticosa zavorra da trascinare lungo il proprio cammino.

Taluni, la maggior parte, cacciano questo desiderio d’irrazionalità e lo compensano col lento scorrere del quotidiano, ma altri, i più coraggiosi, riescono davvero a trasgredire, rischiare e coronare i propri sogni.

Ed è proprio di due persone parte di questi “altri” che siamo qui a raccontarvi.

Correva l’anno 1975 quando il sarzanese Fabrizio Accorsi decise, a 27 anni, di abbandonare l’acquisita e sicura figura da insegnante intrapresa dopo la Laurea con lode guadagnata a Pisa (lingue e letterature straniere), e salutò Sarzana per l’ultima volta dal finestrino di un vecchio furgone Volkswagen comprato e attrezzato per il suo scopo.

Insieme a lui per la “fuga dal mondo nel mondo”, Patrizia, la compagna ideale conosciuta solo tre mesi prima della partenza e che ancora oggi condivide insieme a lui questa avventura che Fabrizio definisce nel proprio libro come “un viaggio a tempo indeterminato”.

Un viaggio esperienziale quindi, senza tempo né programmazione, in una ricerca di libertà e conoscenza priva di costrizioni e soggetta solo a bisogni essenziali.

Un “viaggiare nomade” per vivere e viversi, conoscere e conoscersi davvero, estendendo ed ampliando il desiderio di indipendenza all’amicizia ed al rispetto di chi si incontra lungo la strada.

Si la strada: quella che permette di entrare a contatto stretto con la storia, la gente, la natura, la cultura dei luoghi e, soprattutto, fa sentire liberi.

Quella “strada” definita da Bruce Chatwin come “La vera casa dell'uomo”.

Oggi, a distanza di tanti e tanti anni, Fabrizio e Patrizia sono in Guatemala e continuano ad applicare quella “libertà” vera, ma anche difficile, che si perpetua costante ad ogni scadenza del “visto” (generalmente tre mesi) e, scrive: “Mantiene il viaggiatore non solo in perpetuo movimento ma anche in uno stato di insicurezza e fragilità permanenti”.

Abbandonate le quattro ruote che li hanno accompagnati nella prima metà del loro vagabondare si sono poi reinventati in una nuova esperienza, questa volta sull’acqua.

Una barca a vela di 11 metri (Beguine) accoglie da 23 anni il loro eterno reinventarsi e accompagna questa infinita avventura da cui è nato un libro dal titolo estremamente accattivante: “Il nostro canto libero – Memorie di viaggio” (Europa Edizioni).

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La storia, magistralmente scritta, racconta l’odissea che li ha portati lungo i 44 anni di viaggio attraverso 5 continenti, e di cui ci compiacciamo di aggiungere questa testimonianza/lettura scritta da due sarzanesi doc, che tutt’oggi continuano a intrattenersi con lui tramite il web e che ambiscono assieme a noi a dare giusta visibilità a questa storia: Giorgio Giannoni e Sandro Palumbo.

Questa è la loro professionale e empatica lettura:

“Ci sono libri di cui non puoi fare a meno di parlare. Non si tratta solo di amicizia o di antiche conoscenze riemerse da un passato lontano, quanto dalla constatazione che in quelle righe è ricamata un’intera visione della vita, un’inebriante descrizione di come l’esistenza possa essere declinata su altre regole, su altre coordinate, diverse e ambite da molti ma messe in pratica solo da quei pochi che, in quegli anni paradossali (i settanta dello scorso secolo) ebbero il coraggio o la follia di farle proprie – scrivono Giorgio e Sandro - E già dalla copertina il libro di Fabrizio Accorsi, “Il nostro canto libero”, si presenta come un diniego per una normalità vissuta all’interno della “boccia” di un mondo pre-costituito e prefigura la rappresentazione di un cammino che si è espletato per l’intero pianeta, toccando terre lontane, vivendo e lavorando in stati come India o Australia, Stati Uniti o Guatemala muovendosi, assieme alla sua compagna Patrizia,con un vecchio furgone Volkswagen o con semplici mezzi locali alla ricerca di se stessi e della diversità umana. Il libro ci parla di questo,della scoperta, dell’inusitato,del diverso, e la bravura dell’autore è quella di renderci realtà esistenziali diverse filtrate attraverso la propria e l’altrui esperienza quotidiana. Il racconto dei lavori svolti in molti Stati, le soste e il rapporto con le comunità di un luogo più lunghi e duraturi ne sono la prova. Poi...di nuovo via.

Abbandonare i mezzi terrestri e arrivare in centro America, la scelta di prendere il mare con una barca a vela imparando in poco tempo i rudimenti della navigazione, il porsi letteralmente e non solo, al vento del destino, rende molte delle storie di Fabrizio e Patrizia quasi epiche, se non fosse che tutto ciò racchiude anche un mondo esistenziale fatto di piccole crociere per altri viaggiatori o l’acquisizione della nuova capacità a bordo di preparare oggetti di artigianato o magliette da vendere ai turisti. Ogni pagina descrive un’esistenza non sempre facile ma gioiosa dove c’è spazio anche per filosofeggiare argutamente o dove trovano giusta collocazione pensieri scientifici e ipotesi ardite, genuino buonsenso e gustosi quadretti di un umorismo semplice, come semplici sono i molti protagonisti incontrati in altri luoghi del nostro pianeta. Non vi è nulla di blandamente esotico tra le pagine e il racconto assume, nell’infinita diversità di luoghi e di situazioni, una valenza quasi universale. In questi tempi conformisti e individualisti non può fare che bene condividere i desideri, i sogni, le gioie e i dolori di chi ha scelto di vivere la sua esistenza diversamente da noi, abitanti del vecchio continente. La diversità di vedute ci arricchisce, sempre – concludono - Conoscendolo, si capiva quanto i nostri luoghi, seppur belli, gli stessero stretti e il suo destino di viaggiatore fosse già segnato nella sua inesausta curiosità, nella voracità di chiedersi quanto il mondo fosse diverso, quanto la libertà di viverlo fosse così necessaria. L’incontro con Patrizia, suo alter ego femminile e compagna di una vita, ha dato il via a tutto ciò che leggerete nel libro. Come già qualcuno aveva osservato: “Il viaggio non richiede una spiegazione,ma solo dei passeggeri” .Provate a seguirli nelle strade del mondo.
- Giorgio Giannoni & Sandro Palumbo -

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Fabrizio Accorsi felice di questa pubblicità nella sua terra di origine e, forse, ancora inconscio dei preparativi sarzanesi in corso per promuovere ulteriormente questa sua incredibile esperienza, ha inviato un suo memorandum che qui riassumiamo, in cui ripercorre per noi il suo viaggio e l’amore per la sua compagna di vita:

“La lettura di alcuni libri allora molto noti, tra i quali Sulla Strada e Siddharta, avevano da tempo solleticato la mia curiosità in direzione dell’Oriente, viaggio che dovetti posticipare fino ai ventisette anni, al momento in cui conobbi Patrizia.

Patrizia, compagna di viaggio e di vita, è la donna con la quale ho condiviso prima l’esperienza di sei mesi in India, a bordo di un furgone ammobiliato artigianalmente, poi i successivi quarantadue anni di viaggio. Un viaggio che continua ancora oggi. Patrizia è parte integrante del mio spirito, del tempo, degli spazi e delle mie emozioni. Insieme non abbiamo intrapreso un semplice viaggio, non siamo partiti per tornare, ma ci siamo gradualmente “convertiti” a una vita nuova. Un’esistenza dove il tempo e lo spazio sono fondamentali, dove il lavoro è necessario ma mai invasivo, dove la riscoperta di sé ha più valore del denaro, dove la condivisione delle esperienze supera il bisogno materiale.

Attraverso India, Malesia e Singapore siamo giunti in Australia, dove abbiamo svolto diversi lavori, per lo più manuali ma anche di collaborazione con giornali e scuole. Al ritorno dall’Australia, di passaggio per l’Italia, ho inoltre lavorato alcuni mesi per una succursale di una nota azienda come traduttore dall’italiano all’inglese, di testi tecnici.

In seguito ho continuato a viaggiare con Patrizia prima via terra in Europa (per circa otto anni), impegnandomi in due anni di ricerca archeologica a Troia (cosa che ha richiesto l’apprendimento elementare del turco) poi negli Stati Uniti, Messico e Centro America per quattro anni, fino alla Costa Rica. Per circa vent’anni abbiamo affrontato il viaggio in camper e autocaravan, poi per quasi ventitre anni in barca a vela nei Caraibi nord-occidentali, tra Cuba, Messico, Guatemala, Belize e Honduras.

Siamo ancorati, eccezionalmente da mesi, nelle acque interne del Guatemala, e vi resteremo fino a quando Patrizia, auspicabilmente, avrà risolto un serio problema agli arti inferiori.

Ho molteplici interessi: la lettura, la scrittura, l’archeologia, il disegno e la pittura, la vela, e la musica lirica, con una videoteca di ottocento opere complete (tra antiche e moderne) e migliaia di arie note interpretate da cantanti contemporanei e passati, che ascoltiamo quasi ogni sera. Mi sono occupato anche, per un totale (finora) di oltre quindicimila ore, di Antico e Nuovo Testamento – conclude poi Fabrizio parlando del libro - “Il nostro canto libero” racchiude storie realmente vissute, ricostruite da uno strumento a volte ingannevole, la memoria, ma con uno sforzo costante a non romanzare, e per questo scritte nel linguaggio semplice del racconto orale. Questo con il vantaggio di un’auspicabile condivisione di larga estensione, indipendentemente dai livelli culturali dei lettori.

Questi racconti non hanno la pretesa di elevarsi a insegnamenti di vita, raccontano la filosofia delle piccole cose e in alcuni può trasparire un messaggio che il lettore può liberamente interpretare. Con “Il nostro canto libero” ho voluto creare una sorta di spiraglio, un preludio ai successivi volumi, strutturati nella forma di memorie-saggio e pertanto più finalizzati a chiudere un percorso”.

Un “viaggiare” il loro tanto invidiabile quanto coraggioso e difficile da intraprendere, non una vacanza quindi, seppur avventurosa e lunga, ma una vera e propria recisione netta del cordone ombelicale delle proprie origini e sicurezze, un'auto diagnosi delle proprie capacità.

Un “viaggiare” in modo “autarchico”, espresso con l’ideale di bastare a se stessi, padroni di sé e privi di condizionamenti mondani in un ricercato minimalismo delle cose visto come ottica ideale per apprezzare veramente le cose ed i valori più importanti.

Ma “viaggiare” in fondo è tutta una questione di priorità, se lo vuoi davvero troverai sempre il giusto modo di farlo.

Ringraziamo Fabrizio ed i suoi amici e ricordiamo quindi - “Il nostro canto libero – Memorie di viaggio” di Fabrizio Accorsi - semplicemente per vivere la loro esperienza leggendo il libro o, chissà, per stimolare quella “vocina sinora silente" che una mattina sussurrerà maliziosa all’orecchio: molliamo tutto e fuggiamo nel mondo!

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