La vicenda della lavoratrice di Acam Ambiente Maria Teresa Romano, nel bene e nel male, si è già chiusa martedì, con l’ordinanza del giudice del lavoro Marco Viani. Come abbiamo già scritto, il licenziamento è stato giudicato illegittimo, ma la Romano non verrà reintegrata, come prevede il nuovo articolo 18 modificato dal governo Monti.
Emergono però nuovi interessanti particolari dalle motivazioni dell’ordinanza. L’azienda, che ha licenziato la lavoratrice senza preavviso l’11 settembre scorso, le aveva contestato di aver caricato sul Porter “rifiuti costituiti da cassette in legno, cassette di cartone, cassette di plastica nera ricevuti da un venditore ambulante di frutta, mentre il suo programma di lavoro prevedeva il ritiro del secco non differenziabile, senza recupero di altri materiali al di fuori del percorso prestabilito”.
“Tale sua operazione – si leggeva ancora nella contestazione disciplinare del 1 agosto 2018 – ha provocato peraltro il caricamento del mezzo in maniera impropria, a causa della sporgenza del materiale ben oltre le sponde dell’automezzo stesso. Risulta altresì che Ella abbia ricevuto un sacchetto di frutta da parte del venditore, senza pagare alcun corrispettivo per la consegna della merce”.
Poi nel punto di raccolta, continuava l’azienda, la lavoratrice “avrebbe conferito gli imballaggi misti da Lei prelevati che non sarebbero stati quindi separati per tipologia, senza l’intervento dell’assessore all’ambiente del Comune della Spezia (Kristopher Casati, ndr) che ha segnalato la scorrettezza delle operazioni di differenziazione del rifiuto, con conseguente danno d’immagine per la società”.
Questo il primo capitolo della storia: la contestazione per l’episodio incriminato del 20 luglio, la difesa della lavoratrice davanti all’azienda, il licenziamento senza preavviso e il successivo ricorso della Romano, assistita dall’avvocato Roberto Quber.
Ma il giudice Marco Viani nelle motivazioni va più a fondo, analizzando ogni dettaglio della vicenda: “È pacifico che la Romano, quel giorno, doveva raccogliere rifiuti di diverso tipo. Il camioncino di venditore ambulante di frutta di Balleri si trovava, a quanto ha riferito, sulla strada per Campiglia (via Caporacca), fra il bivio e il cimitero. Balleri non ricorda esattamente in che punto si trovava; Pagliari (Gianluigi Pagliari, presidente di Acam Ambiente, ndr) ha riferito di aver assistito alla scena mentre, guidando la vettura su cui viaggiava anche Casati, si dirigeva verso l’isola zonale di Caporacca (...) È pacifico che la Romano si fermò in prossimità del camioncino di Balleri e ritirò cassette che non avrebbe dovuto raccogliere”.
Altro particolare d’interesse è che il commerciante “ha riferito che quasi tutti i giorni gli incaricati gli facevano il favore di smaltirgli le cassette”, anche se non ci sono elementi per sostenere che la Romano gli abbia fatto altre volte questo favore.
La lavoratrice avrebbe accettato dal venditore ambulante qualcosa, “presumibilmente della frutta o una fetta di torta”, ma non si può invece ritenere accertato, scrive sempre il giudice, che “abbia tentato di caricare le cassette sul collettore insieme con il residuo”.
Nemmeno la presunta deviazione rispetto al percorso prestabilito, per passare dal commerciante, può ritenersi provata: “Non essendo emerso con certezza a quale punto della via Caporacca si trovasse il camioncino di Balleri (...) non si può escludere che si trovasse in corrispondenza del bivio, tenuto conto, ancora una volta, del fatto che l’onere della prova del fatto illecito grava sul datore di lavoro”.
In più, aggiunge il giudice Viani, il carico del camioncino “sporgeva esclusivamente verso l’alto e, a tutto concedere, soltanto di qualche decina di centimetri”.
Non è stata provata, invece, la prassi sostenuta dalla lavoratrice di ritirare durante il percorso di servizio rifiuti diversi, se notati, da quelli previsti dal programma. Un punto che è stato smentito dalle testimonianze.
Ma l’elemento forse più interessante è la valutazione dell’omaggio del commerciante in cambio del ritiro dei rifiuti, che pur essendo correlato a una violazione dei propri doveri viene definito dal giudice “un dono pressoché simbolico”.
“A quanto ammesso dalla Romano – si legge nelle motivazioni – [si tratta di] due banane e una fetta di torta casalinga, e non sussiste prova del contrario; al riguardo, l’onere della prova graverebbe sulla datrice di lavoro. Si sta parlando, quindi, di un ordine di grandezza che, sulla base di dati di comune esperienza, si aggira intorno a due-tre euro”.
Il danno per l’azienda, calcolatrice alla mano, sarebbe stato di soli 2 euro, a cui bisogna aggiungere un mancato introito di 85 centesimi. Un danno economico, quindi, irrilevante.
Il vantaggio di cui avrebbe goduto il commerciante, d’altra parte, sarebbe “quasi inavvertibile”: non si parla di soldi, ma della comodità di non recarsi al compattatore di Sarzana per smaltire le cassette (gratuitamente).
Un fatto che secondo il giudice rientra quindi “in un concetto di cortesia, anche se malinteso e fuori luogo in un rapporto fra un dipendente e un utente del servizio. La circostanza di aver accettato le banane e la fetta di torta, pur se poco conveniente, si pone quindi al limite estremo della fattispecie dell’omaggio di modico valore effettuato occasionalmente nell’ambito di una relazione di cortesia e non ha di per sé consistenza di illecito”.
Tirando le conclusioni, il giudice ammette che “almeno una parte del fatto ascritto alla lavoratrice (e cioè la violazione del programma di lavoro) sicuramente sussiste ed è illecito”, ma il licenziamento senza preavviso è comunque da ritenersi illegittimo.
Anche la contestazione della recidiva da parte di Acam non regge. In passato la Romano, che ha un’anzianità quasi ventennale all’interno dell’azienda, ha subito altre sanzioni disciplinari: un’ammonizione scritta nell’aprile ’99 per assenza ingiustificata (menzione non chiara, visto che il datore di lavoro non era Acam ma Consorzio Impianti & Servizi), nel 2006 una multa pari a due ore di retribuzione per assenza ingiustificata, nel 2013 un rimprovero scritto per essersi trattenuta al bar con un collega per oltre 30 minuti, e infine nel 2017 una sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per 5 giorni per aver aiutato un operatore di una ditta terza a smaltire irregolarmente un rifiuto ingombrante.
“Le prime tre (o due) violazioni non hanno particolare significatività in causa – scrive però il giudice Marco Viani – perché tenui, risalenti e del tutto eterogenee”. Quella del 2017, invece, “ha qualche carattere in comune con quella odierna, nel senso che in entrambi i casi la Romano, in servizio, ha ritenuto di poter dare una mano a qualcuno”.
La stessa Acam, all’epoca, le aveva però dato atto di “assoluta buona fede” e, pur sospendendola, parlava di una “ingenuità” della lavoratrice. Ecco i motivi per cui la contestazione della recidiva non ha retto di fronte al giudice del lavoro.
In più, non è nemmeno stato dimostrato che la lavoratrice “abbia mescolato o tentato di mescolare le cassette con gli altri rifiuti nel compattatore”, ragion per cui sono caduti anche i profili di disvalore etico. Non sta in piedi nemmeno il presunto danno di immagine sostenuto dall’azienda, visto che lo scambio avvenne in presenza di pochissime persone, fra cui l’unico estraneo era proprio il commerciante.
Le conclusioni finali sono quelle di cui abbiamo già dato notizia: il licenziamento è sì illegittimo, ma il nuovo statuto dei lavoratori, modificato dal governo Monti, in questi casi non prevede più il reintegro, ma semmai la condanna del datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria. Acam, infatti, dovrà pagare 21 mensilità retributive alla Romano, che però non riavrà più il suo posto.
La classica beffa, su cui l’avvocato Quber ha espresso tutto il suo rammarico, annunciando di valutare l’impugnazione.