«Fare memoria non è un ricordo di cose passate, ma il riconoscimento di una presenza, nel mistero della comunione dei santi - ha detto mons. Negri nell'omelia - E' come se il volto di don Alberto acquistasse una profondità nuova».
Facendo riferimento al Vangelo del giorno, che raccontava il dialogo di Gesù con la samaritana al pozzo, Negri ha sottolineato che «don Alberto non aveva bisogno di qualcuno che gli desse l'acqua da bere, perchè l'acqua che porta alla vita eterna l'aveva dentro di sè. Aveva incontrato il Signore e senza esitazioni volle diventare un "semplice ed umile servitore della vite del Signore", per riprendere la splendida espressione usata da Benedetto XVI la sera della sua elezione».
«Il movimento della sua vita era movimento verso Cristo e, di conseguenza, verso gli uomini, nella multiforme esperienza di povertà che è l'uomo di ogni tempo. Non si muoveva per andare dai poveri, ma per annunciare Cristo, ciò per cui vale la pena vivere ogni momento. Non si può amare Cristo senza amare i fratelli, facendosi carico della loro vita. E così si amano gli uomini come devono essere amati. Ha amato il Signore, e quindi gli uomini che ha incontrato. Quante volte, proprio Gesù con la samaritana al pozzo, avrà acceso il dialogo per andare a fondo della vita dell'altro. Il dialogo con qualcuno non può ridursi a una schermaglia di problematiche politiche, economiche, o sociali. L'esempio è Gesù, che, parlando con la samaritana, amabilmente l'ha introdotta a Dio».
«Pochi uomini ho incontrato così sovranamente distaccati dal potere e dalla carriera come Don Alberto. Viveva per il Signore e coinvolgeva gli uomini nel mistero di Cristo, perchè solo lì si trova la maturità, l'impeto della missione. In lui c'era la chiarezza di giudizio, non sugli uomini, ma sul mondo, e sulle strutture di peccato che sono nella società. Non giudicare il mondo per non giudicare gli uomini è, invece, espressione di una meschinità oggi dominante. Dobbiamo avere la certezza che ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio».
«Ha riempito di pace la vita di chi lo incontrava. La pace non va confusa con la tranquillità, l'assenza di problemi, il far sì che i propri istinti o desideri diventino diritti, come avviene oggi in Italia, distrutta dall'anti-cristianesimo. La pace è, nelle alterne vicende, incontrare Gesù».
«I frutti di questa straordinaria seminagione di pace fatta da don Alberto hanno segnato la vita di molti di noi. Grazie, don Alberto, perchè sei stato un prete non ideale, ma reale. Un prete per cui Cristo era tutto. Riguardo ai fratelli hai desiderato una sola cosa: che attraverso di te vedessero il bene che dicevi, il bello che raccontavi. Un'esperienza di vita nuova, questo è quanto desiderano gli uomini, la totalità della vita vissuta nella presenza di Cristo. La fede non è la soluzione a dei problemi particolari, ma l'introduzione alla vita tutta».
«Don Giussani ci esortava ad amare i santi che abbiamo incontrato, anche se non sono ancora riconosciuti dalla Chiesa. Chiedo a don Alberto di aiutarci a tenere dritto il timone della nostra vita, a non ridurci in assistenzialismi, ad incontrare ciascuno per dirgli Cristo. Come ha scritto Jacopone da Todi: "Amare Cristo e mai finisse" (senza mai finire, ndr)».
Prima della benedizione finale, mons. Sanguineti ha raccontato ai numerosi fedeli presenti tre flash sulla vita di don Zanini. Il primo, quando, giovane studente della seconda Liceo classico, «restò colpito dalla testimonianza di fede di alcuni coetanei che seguivano Comunione e Liberazione. Avvertì subito la serenità e la gioia di quel cammino».
Nel 1991, quinta settimana di Quaresima, commentando il Vangelo di Giovanni in cui alcuni greci dicono a Filippo: "Vogliamo vedere Gesù", don Zanini disse: "chissà quante persone almeno una volta hanno provato questo desiderio, anche noi". «Esattamente un anno dopo lo avrebbe incontrato veramente», ha sottolineato Sanguineti.
Infine, un dialogo con un suo parrocchiano. «"Hai ancora paura della morte?", chiese don Alberto. "Se morendo incontro Cristo, e Lui è amico buono come te, non ho più paura" fu la risposta».