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"I Fatti di Spezia del '23", una pagina di storia quasi dimenticata In evidenza

Ce la racconta Alberto Incoronato.

Nel dicembre 2020 pubblicai la mia prima ricerca storica sulle vicissitudini dei 'Barbantan', una famiglia alla quale apparteneva anche un tale Fioravanti Paolo Raspolini. Tutto nacque da una lapide (col nome sbagliato) che ne ricorda la violenta uccisione il 23 gennaio 1923. Nel ricercare le cause di questo omicidio cominciai a documentarmi, a leggere libri e a chiedere qui e là, ma i ricordi e la conoscenza delle circostanze mi apparvero subito molto modesti. Fu dopo la lettura di un famoso libro dell'amico Antonio Bianchi, la consultazione dei giornali degli anni '20 e le ricerche più approfondite negli archivi storici che cominciai a capire cosa era accaduto nella provincia spezzina nel gennaio del '23.

Quanto successe fu un fatto indubbiamente grave e pertanto non riuscivo a spiegarmi perché non fosse conosciuto e commemorato a dovere e soprattutto perché nella nostra provincia non c'è nulla che ricordi quelli che vennero definiti 'I Fatti di Spezia'.

Ci sono quattro lapidi che separatamente ricordano quattro vittime di quei giorni e che ogni anno, in concomitanza di altre ricorrenze ma non in quella dei Fatti, erano oggetto di piccole cerimonie con l'apposizione di corone. Mi accorsi con sorpresa che non solo le persone che celebravano annualmente tali riti, ma anche alcuni esperti di storia locale, ignoravano il filo di sangue che univa quelle vittime.

In alcune pubblicazioni, forse per sottovalutazione, questi Fatti sono citati marginalmente senza spiegarne le cause e senza citare i nomi dei responsabili dell'organizzazione della strage, cioè i più intransigenti del Fascismo locale. Nomi che -curiosamente- non venivano mai pronunciati, come potei personalmente constatare ad un convegno di studi sul primo antifascismo tenutosi per due giorni a Sarzana nell'estate del 2021.

Mi accorsi insomma che permaneva ancora, quasi cento anni dopo, la 'cappa' di silenzio che era stata calata sul Fascismo spezzino e su quei giorni di violenza sfrenata. Nella mia ricerca avevo invece riportato alla luce i nomi di chi organizzò 'la mattanza', cioè il fior fiore dello squadrismo della Provincia e i motivi che scatenarono la strage.


Nel biennio nero, dal '21 al '22, il più famoso e temuto squadrista spezzino fu Giovanni Lubrano che, come riportavano le cronache del tempo, nelle sfilate marciava alla testa della propria formazione ('La Martoriata') la quale a sua volta era sempre alla testa delle altre squadre. Lubrano, capo riconosciuto e rispettato dello squadrismo spezzino, ambiva a conquistare il predominio assoluto nel Fascismo locale e non mancava occasione per mettersi in evidenza. Negli stessi anni però emersero altri squadristi che potevano contare su un maggiore appoggio dell'industria locale (finanziamenti e mezzi) e sull'appoggio della Regia Marina (fornitura armi). Tali squadristi emergenti detti 'intransigenti' miravano ad appropriarsi delle risorse della Provincia (anche in contrasto col Fascismo nazionale!) e ritennero pertanto necessario liberarsi dei rivali scomodi e nel contempo purgare la Provincia dei sovversivi più fastidiosi.

Alle 2 di notte del 22 gennaio una banda di quattro sicari fascisti ex sovversivi o sovversivi sedicenti fascisti, senza bandiera e al soldo di tutte le bandiere, uccisero lo scomodo Lubrano.

Come era abitudine del Fascismo (e della propaganda fascista) furono incolpati i 'sovversivi' quelli veri e con tale argomento si giustificò la già progettata e severa rappresaglia.

I Fatti di Spezia si svolsero dal 22 al 26 gennaio, quando tutte le squadre della zona, già allertate e pronte, furono armate e mandate alla caccia degli ultimi anarchici, comunisti, socialisti elencati da tempo nelle liste di proscrizione fasciste. Una sorta di purga per far capire agli spezzini che praticavano ancora certi ideali, che se tenevano alla loro vita, da quel momento, o rinunciavano alle proprie idee o dovevano emigrare.

Quanto era accaduto era una replica di quanto già avvenuto a Torino il 18 dicembre 1922. Anche in quel caso fu una faida all'interno del Fascismo locale, ma già in quei giorni si ritenne che gli atti di brutalità avvenuti alla Spezia avevano superato in efferatezza quelli torinesi.

Negli stessi giorni a Spezia si organizzarono per Lubrano dei funerali imponenti: il feretro trainato da sei cavalli bianchi si snodò per tutta la città, seguito dalle più importanti autorità civili e militari della Provincia e da 1500 fascisti armati di pugnale e rivoltella! Così fu mostrata esplicitamente agli spezzini (e al Fascismo di Roma!) 'la potenza' del nuovo Fascismo locale.

La rappresaglia terminò la sera del 26 quando gli organizzatori, raggiunti gli obiettivi di 'pulizia', intimarono alle squadre di sospendere l'attività.

Per quanto riguarda la mattanza, gli inquirenti e la magistratura, sostenitori ormai da tempo del regime fascista, non perseguirono i responsabili e solo in due casi (Raspolini e Armando Zilioli), viste le precise testimonianze e soprattutto l'insistenza delle famiglie, si arrivò ad istruttorie e processi che portarono comunque all'assoluzione degli esecutori materiali e calarono un velo sui mandanti. La stampa già soggiogata al regime tacque sul fatto, dando solo frammentarie notizie mentre altri giornali più liberi accennarono a quanto stava accadendo facendo delle ipotesi. L'organo del Partito Socialista, a distanza di 19 mesi dai Fatti, dopo che Matteotti era stato rapito, compì una indagine approfondita e, nonostante le intimidazioni del Fascismo locale, spiegò in dettaglio che cosa era accaduto e fece i nomi degli organizzatori.

Poi vennero gli anni '30 quando al cimitero spezzino fu inaugurata una lapide in ricordo di Lubrano; poi passò la guerra e la Resistenza e nel dopoguerra solo qualcuno ricordò tre dei martiri antifascisti del '23: Raspolini, Pietro Lelli, Amedeo Cevasco e poi gradualmente si perse la memoria dei 'Fatti di Spezia'.

Se la ricerca sui 'Barbantan' ha un merito è quello di aver riportato l'attenzione su questi fatti cruenti consentendo la ripresa di ricerche ed analisi, fornendo una diversa chiave di lettura e di conoscenza della storia che ci riguarda.


In quei giorni più di 10 persone furono uccise subito, spesso con un colpo di pistola e una pugnalata al cuore oppure a bastonate e altre, ricoverate, morirono poco dopo per le ferite. Altri malcapitati, massacrati a bastonate, appena ne ebbero la forza, fuggirono all'estero mentre altri scamparono alle violenze e alla morte per puro caso subendo quanto meno danni alle loro proprietà.

A Spezia non esiste una lapide o una via intitolata ai Fatti di Spezia che, a livello nazionale, si possono confrontare solo con i Fatti di Torino del '22 e di Roccastrada del '21.

Nel nostro caso l'elenco delle vittime è sempre stato incompleto ed approssimato non concordando spesso le liste fatte da persone diverse in tempi diversi e con frequenti storpiature dei nomi.

Consentitemi in questa occasione di elencare gran parte delle vittime così come le ho trovate nei giornali coevi e nei documenti conservati negli archivi di Stato: Amedeo Cevasco, Enrico Delpino, Giovanni Farnocchia, Vittorio Bianchi, Aristide Pavolettoni, Armando Zilioli, Papiniano Papini, Serafino Bardi, Giovann Tamberi, Giovanni Cattani, Gaetano Amato, Giuseppe Zoppi, .. Bianchèria, Antonio Gargiulo, Pietro Grilli, Giacomo Cattaneo, Giovanni Cavalieri, Luigi Orchestra, Pietro Lelli, Fioravanti Paolo Raspolini, Rolando .., Giovanni Bacigalupi e il suo cavallo, Argelo Cestari, _ Del Santo, Carlo Canali, Giulio Petriccioli, Emilio Ruggeri, Edoardo Cresci, Ercole Gelardini, Giuseppe Calabiscetta, Giuseppe Braccelli, .. De Micheli, Armando Gatti, .. Mazzanti, .. Vallelonga, Cesare Conca, Giuseppe Iori, Federico Cassiano, Arturo Micheli, Alceo Bertoni ...

 

(Testo: Alberto Incoronato)

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