Dopo poche ore, nel pomeriggio del giorno 9, al largo dell'isola Asinara, Bergamini sarebbe diventato uno dei 1363 morti legati all'affondamento della nave, colpita da bomba teleguidata tedesca di nuovissima concezione tecnologica, e in questo caso anche l'ufficiale più elevato in grado, di tutte le forze armate, caduto in combattimento.
L'ultimo suolo toccato da questi 1363 morti, molti di loro giovanissimi, ed in particolare lo erano i marinai semplici, è stato quello spezzino: le ultime ore di libera uscita, un ultimo scritto spedito a casa, un momento privato, vennero vissuti nella nostra città.
In tutti questi anni le vicende legate all'8 settembre hanno spesso diviso i posteri, non solo i contemporanei, sul significato di ''inizio della Resistenza'' o di ''morte della Patria'': quello che ci dovrebbe, credo, unire è il rispetto e la memoria verso chi , di fatto fu soprattutto vittima non tanto del fatto bellico, ma delle abituali ''confuse'' strategie degli altissimi comandi italiani che, mentre firmavano (già il 3 settembre!) a Cassibile la resa, non rispettavano le indicazioni degli Alleati e non comunicarono la resa fino a che non furono costretti a farlo dall'annuncio di Radio Algeri nel pomeriggio del giorno 8....così la partenza della Flotta fu precipitosa, confusa, poco coordinata; non venne trattata soprattutto la indispensabile copertura aerea alleata, visto che quella nazionale era del tutto svanita.
Suggerisco a chi volesse saperne di più e meglio lo struggente e documentato libro ''Una tragedia italiana'' del ligure Andrea Amici, nipote del marinaio sanremese Italo Pizzo, imbarcato in quel tragico viaggio, sopravvissuto al naufragio e al successivo periodo da internato alle isole Baleari.
Francesco Falli - IPASVI