Lo scorso 5 gennaio, personale ispettivo della A.S.L. accedeva in un ristorante-tavola calda, ubicato in Corso Cavour e gestito dalla titolare di nazionalità cinese, per verificare l’idoneità degli standard igienico-sanitari richiesti dalla legge per poter esercitare tale tipo di attività. Nell’occasione gli Ispettori constatavano la totale assenza del necessario piano di autocontrollo sanitario, nonché l’incapacità totale della titolare e del personale dipendente di parlare e leggere la prescritta documentazione da redigersi in lingua italiana; per gli stessi motivi nessuno di essi aveva seguito i percorsi formativi indispensabili a gestire l’attività e poter prestare opera di preparazione dei pasti, non essendo così neanche in grado di leggere le etichette degli alimenti, né di regolarsi secondo le indicazioni in esse contenute.
Gli Ispettori ASL avevano quindi nell’immediatezza emesso e notificato ordinanza di sospensione dell’attività di ristorazione fino al totale adempimento delle prescrizioni emesse, con ciò intendendo anche che, oltre a dover predisporre tutta la documentazione sanitaria previa verifica dei necessari requisiti, dovesse essere acquisita dalla titolare anche la capacità di comprendere e leggere correttamente l’italiano per poter, nella sostanza, avere cognizione dei doveri connessi alla sua professione.
L’ordinanza di sospensione sarebbe stata revocata solo una volta provato l’adempimento di tutte le carenze riscontrate.
Nella giornata di ieri gli Ispettori ASL, congiuntamente alla squadra di Polizia Amministrativa della Locale, si recavano presso il pubblico esercizio per verificarne l’effettiva chiusura, ma riscontravano che il ristorante era normalmente aperto al pubblico ed il personale era intento a cucinare anche per il servizio di consegna a domicilio.
A questo punto la titolare veniva immediatamente indagata e denunciata all’Autorità Giudiziaria per aver omesso di rispettare l’ordinanza emessa per motivi di igiene ed altresì, sentito nel merito il Pubblico Ministero di turno, gli agenti procedevano in urgenza al sequestro penale dei locali, compresi tutti gli arredi e le attrezzature, tramite apposizione di sigilli all’ingresso.