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Don Paolo ci racconta i primi passi da sacerdote

«Desidero che attraverso il mio sacerdozio possano crescere nuove vocazioni, numerose». Ha le idee chiare don Paolo Aluisini, trentenne, di Santo Stefano Magra, ordinato sacerdote lo scorso 23 giugno dal patriarca Francesco Moraglia. E dove è stato mandato, a San Giovanni Battista di Migliarina, come vice-parroco, è stato accolto con grande affetto.

«Sono entrato sabato scorso e, nonostante il periodo, ho avuto un'accoglienza calorosa, che mi ha emozionato e sorpreso». Come è stata l'ordinazione? «Ho sentito come un'agitazione alla consacrazione delle mani, quando il vescovo ha infuso il crisma. E il momento di maggiore intensità è stato nel pronunciare le parole dell'Ultima Cena, quando mi rendevo conto di quello che sono diventato e che sarò per sempre. L'abitudine porta a svalutare anche le cose più belle. Io spero invece di vivere sempre la stessa intensità e la stessa paura della prima Messa». Paura? «Sì, perché quello è il corpo di Cristo, e quello è il Suo sangue.. Sono persona di grande coraggio, sono di costituzione robusta e ho delle mani robuste, però, in quel momento, tremo...». Della festa per il tuo diaconato si ricorda la tua memorabile direzione del coro degli Alpini di Santo Stefano, con addosso la tonaca e, in testa, il cappello con la piuma.. «Anche questa volta hanno partecipato numerosi...». Tu hai fatto l'alpino? «Sì, prima di entrare in seminario. Era l'ultimo anno di leva obbligatoria. Stavo decidendo del mio futuro, e mi serviva un anno fuori. Così ho fatto domanda da volontario, se no sarei finito in Marina. Mi è sempre piaciuto fare delle grandi camminate sui sentieri delle Alpi. E, in inverno, sciare. Una passione di famiglia. Fin da bambino ho provato amore per i canti alpini». Come è nata la tua vocazione? «La prima volta che ne ho parlato è stata nei temi delle elementari. Poi il discorso si è interrotto, alle superiori. E ho fatto fatica a riprenderlo». Come? «Ho finito l'Istituto Tecnico, a Spezia, con l'idea di diventare elettricista, ed ho lavorato per un anno. Quel lavoro mi è sempre piaciuto. Ma cominciavo a sentirmi scontento, anche se andava tutto bene ed avrei potuto essere assunto in maniera stabile. Così ho passato l'anno del militare tra grandi domande e grandi sofferenze. Desideravo inquadrare la volontà del Signore su di me. Ma volevo anche scappare. E' stata una lotta, come quella di Giacobbe con l'angelo. Negli ultimi mesi ho capito che entrare in seminario era l'unica scelta. Ed ho ripreso la serenità». Ricordi qualche figura significativa nel tuo percorso? «Sì, un sacerdote molto anziano, che aiutava il parroco a Santo Stefano Magra quando ero alle elementari e alle medie. Mi disse che mi avrebbe visto sacerdote. Faceva da tramite tra la parrocchia e la gente del paese, anche chi non frequentava la Chiesa. E' stato per me un esempio di come rapportarsi con le persone». Hai parlato di un tuo momento difficile nel dopo cresima, come tenere vicini i ragazzi? «Non c'è risposta predefinita, bisogna esserci e lavorare. Sono numerosi, a Migliarina, i ragazzi in età critica. Vuol dire che è stato fatto un buon lavoro, anche da parte degli animatori».

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