Il tempo in cui viviamo è particolarmente segnato da profonde sofferenze, lutti, incertezze e restrizioni, anche se molte sono le luci che risplendono in mezzo a noi, e non solo quelle delle luminarie ma, ancor più, quelle di persone che, in questi momenti difficili, sanno offrire vicinanza umana, professionalità e solidarietà. Giunti ora al Natale, siamo però chiamati ad accogliere la luce della stella che brilla su di noi per orientare il nostro sguardo verso la grotta di Betlemme.
Non si tratta di un ritorno al passato, ma del fare memoria dell’evento decisivo della salvezza per saper vivere il presente in una speranza sempre nuova. Siamo, così, invitati a riscoprire questa festa in modo autentico, ad andare all’essenziale, a coglierne il vero significato, superando quei modi di concepirla che spesso ci portano a vedere altro. Infatti, se è vero che l’uomo si esprime attraverso le parole, è altrettanto vero che le parole modellano il pensare dell’uomo.
Pertanto, come credenti, abbiamo bisogno di ritornare a parlare e vivere del Natale con parole e gesti capaci di manifestare correttamente ciò che esprimono. Mi permetto, dunque, di suggerire alcuni spunti di riflessione. Il presepe in ogni casa Innanzitutto rivolgo a tutti l’invito di fare il Presepe in ogni casa. San Francesco d’Assisi ce lo consegna come segno semplice, richiamo efficace al mistero della nascita di Gesù ed occasione per riscoprire il valore del silenzio, del raccoglimento, della preghiera, particolarmente se vissuto in famiglia.
La natività È altresì doveroso ricordare che questa festa non è la bella favola del Natale, ma la realtà della nascita di Gesù a Betlemme. Realtà segnata dalla storia - la Sacra Famiglia si reca in quella piccola città a motivo di un censimento del popolo -, ma soprattutto capace di segnare la storia. Infatti, accolto o rifiutato, Cristo con la sua nascita e, successivamente, con la sua predicazione, morte e risurrezione interpella ogni generazione. La Notte Santa È altrettanto necessario ricordarci che la notte del Natale non è una notte magica, ma la Notte Santa, nella quale il Figlio di Dio nasce dalla Vergine Maria per la nostra salvezza: notte illuminata da una stella, allietata dal coro degli angeli e animata dalla curiosità dei pastori. È la notte del dono che Dio fa agli uomini, nel mistero dell’Incarnazione del suo Figlio che si fa uomo, perché l’uomo, liberato dal peccato, possa ritrovare la comunione con Dio; anzi, possa lui stesso essere rigenerato come figlio di Dio.
Una rinnovata spinta interiore Siamo dunque chiamati a vivere ciò in una rinnovata dimensione interiore, ma non in modo intimistico o privato. La fede, proprio perché illumina l’uomo nella sua totalità, ha sempre un risvolto pubblico e manifesto. Accogliere la luce che promana dalla grotta di Betlemme vuol dire lasciarsi illuminare in modo nuovo e integrale con quella «luce che splende nelle tenebre e che le tenebre non hanno vinta» (cf. Giovanni 1, 5). Ecco perché è doveroso ritrovarci insieme a celebrare il dono che proviene dal Padre che è nei cieli, così com’è altrettanto doveroso annunziarlo affinché possa essere da tutti conosciuto, amato e adorato. La concretezza della carità Tutto questo non è una sorta di romanticismo religioso. Il Natale ci richiama, infatti, alla concretezza con l’annuncio del Vangelo e con gesti di carità autentica e operosa. Non possiamo dimenticare coloro che attendono il nostro aiuto di vicinanza umana, di solidarietà materiale e spirituale, di ascolto ... Potranno essere persone a noi sconosciute oppure quelle stesse che condividono con noi lo stesso tetto, lo stesso lavoro.
Ciò che importa è che la carità sia vissuta in modo tangibile. Allora, assieme al canto degli angeli «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (Luca 2, 14), potremo sentire anche la voce di Gesù che dice: «tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Matteo 25, 40). A tutti un Santo Natale e la benedizione del Signore.