Niente uova, colombe e specialità di pasticceria artigiana sulle tavole pasquali. Ne vieta la vendita un’interpretazione governativa del Dpcm 11 marzo 2020 in materia di contenimento dell’emergenza Covid-19 in base alla quale le imprese artigiane di pasticceria, obbligate alla chiusura, non possono vendere i loro prodotti attraverso la modalità da asporto che è consentita invece ad altre attività.
Secondo Confartigianato La Spezia, lo stop alla produzione e vendita delle pasticcerie rappresenta una assurda discriminazione rispetto ai negozi e alla grande distribuzione ai quali è invece permessa la commercializzazione di prodotti dolciari. “L’ipocrisia normativa permette di comprare paste, colombe e uova anche fresche nei supermercati e negli alimentari mentre si nega alle tante imprese di pasticceria artigianale di produrre e vendere”: commenta Giuseppe Menchelli, Direttore Confartigianato della Spezia.
Tra le attività sospese dal DPCM vengono indicate quelle dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie)”, vale a dire tutte quelle ricomprese nel Codice Ateco 56 “Attività dei servizi di ristorazione” perché nella riforma dei codici ATECO pasticcerie e gelaterie 56.10.30 vennero ricondotte nei codici della ristorazione.
Le pasticcerie e gelaterie pur essendo artigiane sono assimilate quindi in caso di vendita diretta al consumatore indipendentemente dal possesso o meno di autorizzazione amministrativa alla somministrazione, agli esercenti attività di bar, mentre secondo noi dovrebbero essere parificate alle corrispondenti attività commerciali di vendita al dettaglio. Sin dal primo giorno Confartigianato ha ritenuto che questa impostazione della norma sia una “forzatura” che contrasta con la ratio del provvedimento che mira ad impedire eventuali assembramenti nei locali dove si svolge l’attività ma solo nel caso in cui vi fosse un consumo sul posto o una somministrazione di prodotto e non laddove vi è il semplice asporto come nella altre attività consentite.
L’Ufficio studi Confartigianato ha stimato che alle 24mila imprese di pasticceria e gelateria, il 70% delle quali artigiane, con 74mila addetti, la chiusura ad aprile provoca perdite per 652 milioni di euro, tra mancato fatturato e perdite legate ad deperimento delle materie prime acquistate precedentemente alla sospensione forzata.
In Provincia della Spezia, dalla Riviera, alla Val di Vara, alla Val di Magra si è alzato un coro di vibranti proteste che la Confartigianato della Spezia ha raccolto rivolgendosi al Ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, sollecitando un intervento tempestivo ad un apposito interpello che faccia chiarezza nelle interpretazioni governative, stabilisca omogeneità di applicazione delle norme in tutto il territorio ed eviti incomprensibili disparità di trattamento tra attività con Codici Ateco diversi ma produzioni simili.
“Siamo i primi – prosegue Menchelli – a rispettare le regole per difendere la salute dei cittadini, ad aiutare le imprese nel capire e applicare i Dpcm, ma non possiamo accettare un’interpretazione riduttiva e miope della norma che si traduce in una palese ed assurda penalizzazione delle nostre produzioni a vantaggio di altre tipologie di prodotti di pasticceria. Così si sono colpite le nostre aziende e si è negata la libertà di scelta dei consumatori”.