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La Chiesa: "540 anni fa la nascita del Sant'Andrea, ma il nuovo ospedale è ancora materia elettorale" In evidenza

L'intervento di don Giuseppe Savoca richiama al dovere di recuperare la priorità assoluta verso i malati e la loro cura.

Poco più di quarant’anni or sono, l’ospedale di “Sant’Andrea” della Spezia, fondato nel 1479, compiva cinquecento anni di vita.

Negli stessi mesi entrava in vigore in Italia la riforma sanitaria, con l’istituzione del servizio sanitario nazionale, tuttora in vigore.

L’allora cappellano capo, monsignor Casimiro Bonfigli, scrisse per l’occasione quella che possiamo chiamare una “storia ragionata” del nosocomio, così caro agli spezzini, collegandola proprio all’imminente riforma.

"La riforma – scriveva al riguardo Bonfigli – non distrugge l’ospedale, vivo da mezzo millennio: ne muta i compiti per un processo naturale che sgorga dalle conquiste tecnologiche e scientifiche. Assistiamo perciò all’evoluzione più significativa, che trasferisce l’attenzione dalla cura del malato alla prevenzione della malattia e a tutela della sanità. Corpo sano, in mente sana, in ambiente sano. Si arriva finalmente a creare l’ambiente adatto all’uomo, a volerlo inserire, con tutte le sue prerogative, in una comunità della quale ciascuno è parte viva, operosa e preziosa".

Queste parole, a distanza di quarant’anni, non solo mantengono una forte carica di attualità – del resto già allora frutto della lunga esperienza di monsignor Bonfigli quale cappellano ospedaliero – ma in qualche modo invitano a riflettere, da un lato, sulla continua evoluzione scientifica e tecnologica che non si è mai arrestata in questo tempo, dall’altro sulle contraddizioni e i ritardi della vita politica e amministrativa.

Proprio in questi giorni, mentre ci prepariamo a vivere la “Giornata del malato”, voluta nel 1992 da Giovanni Paolo II proprio a seguito di una sua degenza in ospedale a Roma, i giornali locali tornano a riferire di polemiche anche aspre tra le forze politiche e le diverse componenti sociali circa la mancata realizzazione del nuovo ospedale del Felettino, bloccata a seguito della revoca del contratto a suo tempo stipulato con la ditta di costruzione Pessina.

Non è certo qui il caso di entrare nel merito di una vicenda che i continui appuntamenti elettorali sembrano contribuire ad inasprire, anziché risolvere.

Il punto riguarda invece un necessario richiamo a quella che Bonfigli delineava come una sanità “a misura d’uomo”, avente al centro certo le professionalità dei medici e le sempre nuove tecnologie del settore, non fini a se stesse bensì aventi al centro la persona malata, con le sue sofferenze, le sue ansie e quelle dei sui familiari.

Non è forse un caso che i tre ospedali attualmente esistenti in provincia della Spezia portino tutti il nome di un santo: sant’Andrea alla Spezia (affiancato nel titolo della parrocchia ospedaliera a san Cipriano), san Bartolomeo a Sarzana, san Nicolò a Levanto.

Non si trattava solo - nella consuetudine culturale e sociale di comunità che avevano al proprio centro, molto più di oggi, la dimensione cristiana della vita - di un richiamo alla preghiera e di una richiesta di aiuto celeste. C’era in quelle dediche il richiamo alla storia stessa della Chiesa cristiana, sin dai suoi primordi.

Lo spiega sempre monsignor Bonfigli nel libro per il mezzo millennio dell’ospedale: "La cura organizzata della Chiesa per gli infermi è da ricercarsi già nelle “diaconie” di cui parlano gli Atti degli Apostoli... E san Benedetto, fondando il suo ordine verso l’anno 529, poneva come impegno gravissimo la cura degli ammalati, da perseguirsi “prima di ogni cosa e più di ogni cosa”".

Oggi la società civile e le istituzioni democratiche hanno deciso, ormai da tempo, di assumere in proprio la responsabilità di questo delicatissimo settore e, quando ci sono risorse e strumenti adeguati, i risultati si vedono.

La Chiesa resta presente – con le sue tante istituzioni sociali e sanitarie, così come con il compito ininterrotto dell’assistenza spirituale alle persone malate – e proprio per questo, anche con la “Giornata del malato”, intende richiamare tutti al dovere di recuperare anche nel campo civile e amministrativo quella priorità assoluta verso i malati e la loro cura che san Benedetto assegnava ai suoi monaci.

Nell’epoca delle comunicazioni sociali diffuse tutto appare cambiato. Forse anche un po’ esagerando, non siamo più disposti a delegare ad altri, fossero anche istituzioni prestigiose e autorevoli, ciò che riguarda la nostra persona.

La sfida di oggi, per la quale forse c’è davvero ancora necessità di invocare i “nostri” santi patroni, è quella di unire le diverse responsabilità per superare ogni ritardo e realizzare nell’esperienza di ogni giorno strutture e servizi sanitari davvero a misura d’uomo.

testo di don Giuseppe Savoca

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