E siamo ancora qui, nel nostro vecchio caro Picco, un mezzo secolo dopo... Certo che mi è capitato di tornarci diverse volte a vedere le prodezze del nostro Spezia nei primi anni della B e poi anche dopo.
Ma era tanto tempo che mancavo e questa sera, arrivando qui accompagnato dalla marea rombante dei tifosi più belli del mondo, che hanno bloccato viale Amendola e viale Fieschi per portare il loro entusiasmo e il loro sostegno anche... da fuori mura, mi sono venuti in mente quegli anni lontani, agli inizi degli anni Settanta, quando da fanteto mi imbucavo anche tre ore prima dell’inizio della partita per godermi gratis lo spettacolo delle Aquile dall’alto della tribuna (certo che i pali sul campo sono sempre lì a occupare un pezzo di visuale...).
L’entusiasmo per questa squadra è eterno. Anzi, più il lavoro ti allontana dalla tua Spezia e più ti attacchi a questa terra. E lo Spezia è uno dei simboli della Spezia.
“Quando saremo in curva ferrovia” è stata una delle prime canzoncine che ho insegnato ai miei figli, insieme al classico “Oh bella Spezia”: e il ricordo si fa struggente per quelle domeniche pomeriggio, per quelle emozioni che sapeva regalarti la curva, per quei commenti al veleno sprugolino che sentivi gridare dalla gradinata (allora non era coperta in alto e quando pioveva, cioè molto spesso, si trasformava in una foresta di ombrelli) che valevano mille spettacoli di varietà.
E siamo ancora qui a goderci il riscaldamento delle Aquile, in uno stadio pieno solo di giornalisti, steward e addetti ai lavori ma vuoto di calore vero: quello è rimasto fuori insieme alle bandiere degli ultras e dei ragazzi e delle ragazze che hanno voluto accompagnare i nostri campioni fino qui, per ricordare loro che anche se lo stadio rimarrà vuoto, loro ci saranno lo stesso e, come sempre, continueranno a sostenere e a vigilare sul rispetto “per la maglia e per la nostra città”.
Eccole le maglie bianche (ci sono anche quelle blu ma quelle non le guardiamo che di sfuggita) sul terreno verde perfetto. E mi viene in mente il grande ed eterno Rino che parlava sempre, quando pioveva (cioè molto spesso) di un Picco “trasformato in una risaia”.
I colleghi giornalisti che se ne intendono parlano di “mission” se non proprio “impossible” almeno molto difficile. Ma i tifosi invece non calcolano, non ragionano con statistiche e con sillogismi: loro sventolano le bandiere del sentimento e ragionano col cuore e con la pancia. E allora, come si cantava allora... “si può fare, si può fare”. Ci credono. Ci crediamo.
In Tribuna stampa intanto arrivano le formazioni dai cortesi dirigenti dello Spezia e anche una bottiglietta d’acqua per raffreddare gli ardori; noi volgiamo lo sguardo verso il prato verde perfetto ma chissà perché, rivediamo quella risaia di allora. Sarà l’eta, saranno i ricordi... Ma il cuore batte come allora e l’emozione ti prende anche se sei qui (anche) per lavoro.
Proprio qui sotto sta terminando il primo riscaldamento. Gli undici aquilotti titolari a parte, le riserve (ma quali riserve, tutti devono essere pronti a essere protagonisti) tra loro, in attesa del via. E ora tutti dentro gli spogliatoi per l’entrata ufficiale. Il terreno di gioco si svuota di uomini e palloni.
E mentre il cielo del golfo si scurisce e le luci di Fabiano si accendono, le gru gialle dell’Arsenale, immobili e regali, continuano a controllare dall’alto che ognuno, anche questa sera, faccia il proprio dovere.
Per la maglia. E per la nostra città. Con la A accentata (ma ci starebbe bene anche senza accento...). L’urlo dei tifosi che ancora sono nei dintorni dello stadio si alza ancora una volta sopra il Picco: “Comunque vada devi sapere che non ti lasceremo mai da sola...”. Tuona dagli altoparlanti la voce ufficiale dello stadio che snocciola le formazioni. Ma l’urlo dei tifosi, per chi “sa ascoltare con il cuore”, la sovrasta. Si gioca. E andiamo...