Leggo della vicenda del Bar Lamia a Porto Venere e sono molto dispiaciuto, amareggiato. Sento dentro di me molta rabbia, per questo simbolo che rischia di morire.
Mi unisco a tutti coloro che ricordano l'importanza di questo locale, che ha ospitato Pertini, Gassman, Anna Proclemer, e che rappresenta l'identità di un luogo e di una comunità.
Sono sorpreso che il Sindaco non intervenga personalmente a dare una doverosa spiegazione ai cittadini e affidi il compito a Dipelino, che fa quello che può, in un'impresa impossibile. Un tentativo, a mio parere, tanto coraggioso, quanto sfortunato, che si risolve in un naufragio.
A ben vedere, c'erano soluzioni in alternativa a questa scelta, che taglia con l'accetta un problema delicato, che coinvolge famiglie, e tutta una comunità. Non si fa così. Ci vuole rispetto per chi lavora da una vita e per una comunità che ha una storia. Mi riferisco all'articolo 6 del regolamento che disciplina la concessione di beni comunali, inerente i locali commerciali, che prevede, al comma 2 particolari procedure per gli immobili di particolare rilevanza, e sostenere che il Lamia, ancorché di soli 57 mq, non lo sia è dura. Inoltre si poteva concedere, almeno, il diritto di prelazione, secondo l'art.9 dello stesso regolamento.
Utlizzando questa procedura si poteva tutelare, non favorire, l'attività storica esistente, visto i 77 anni di attività, dandole un minimo di possibilità di competere con qualunque squalo dell'ultimo minuto. Del resto anche l'articolo 1 prevederebbe requisiti, criteri e punteggi che l'Amministrazione ha colpevolmente evitato, limitandosi alla sola offerta economica. Non avere previsto nessun tipo di punteggio che garantisca la professionalità e la qualità dell'offerta è inoltre una visione miope dell'offerta turistica che si vuol dare a Porto Venere. Con una visione meramente ragionieristica dei beni non si va lontano.
Quindi quella scelta da Cozzani non è assolutamente l'unica procedura possibile, bensì una precisa scelta politica, legittima, ma certamente criticabile. Chiedo, quindi, il ritiro in autotutela del bando. Sembrerebbe proprio che non si siano voluti usare i possibili strumenti esistenti, per riconoscere quanto meno i diritti di invenzione dell'azienda, per favorire qualcuno di cui il prossimo futuro ci rivelerà l'identità.