La maggioranza si è dissolta. Inizia la campagna elettorale che porterà l'Italia al voto ad inizio autunno: le date possibili per le elezioni politiche non sono molte; 2 ottobre o 9 ottobre.
Non ci sono alternative allo scioglimento delle Camere che il Presidente della Repubblica disporrà dopo aver sentito i presidenti di Camera e Senato. Draghi resterà in carica per gli affari correnti: il governo potrà dunque emanare decreti legge, anche schemi di decreti legislativi e assolvere gli obblighi comunitari ma con poteri limitati e in caso di emergenza economica, energetica o sanitaria, il governo dimissionario verrà autorizzato dal Colle a emanare decreti che tuttavia, come tutti i provvedimenti d'urgenza, andranno convertiti in legge entro i canonici 60 giorni.
Sarà comunque un percorso a ostacoli, per un motivo molto concreto: il governo non ha più l'arma della fiducia per imporre la disciplina parlamentare. Per le riforme ambiziose si dovrà aspettare il nuovo governo nella pienezza dei suoi poteri.
Ci apprestiamo, dunque, ad una campagna elettorale che si svilupperà in uno dei periodi economicamente, socialmente e geopoliticamente più difficili della storia recente.
La data del voto per ora è un punto di domanda ma realisticamente potrebbe essere il 2 ottobre.
Non è da escludere che il Quirinale spinga leggermente più avanti la data delle elezioni politiche, il 9 ottobre, se i tempi dello scioglimento delle camere saranno leggermente più lunghi. Ma visto che al Colle già pensano a chi si dovrà occupare della sessione di bilancio (leggasi manovra) non c'è molto tempo da perdere.
Il Presidente della Repubblica avvierà in ogni caso l'iter previsto dalla Costituzione: prima consulterà i presidenti delle Camere poi predisporrà il decreto di scioglimento delle Camere. Non prima della prossima settimana comunque. Per sciogliere le Camere infatti bisognerà tener conto del calendario: le elezioni si indicono con decreto del governo entro 70 giorni dopo lo scioglimento del parlamento.
In teoria, ci sarebbero altre mille vie per salvare la legislatura, dal reincarico allo stesso Draghi per un governo del tutto nuovo oppure affidare il compito a un’alta carica istituzionale. Ma in poche ore la sensazione è che tutti i partiti stiano già scaldando i motori dei macchinari elettorali.
Spezia al Centro è pronta ad ascoltare e valutare i movimenti nazionali che più si avvicinano ai propri principi e ideali e ad un’idea di politica nobile e pulita. Una politica che sappia proporre un equilibrio tra crescita e sostenibilità, mercato e giustizia sociale. Una politica che investa su istruzione e formazione.
Quindi, escludendo gli estremismi, siamo pronti a dialogare con tutte le forze moderate di centro per affrontare questa imminente campagna elettorale nel cuore dell'estate.
Il mio rammarico è che non ci sia stato il coraggio (o la volontà) di fare una legge elettorale come quella dei sindaci, che possa garantire ai vincitori di poter governare con continuità per i cinque anni della legislatura.
Si andrà a votare con il cosiddetto Rosatellum bis, sistema elettorale misto a separazione completa, dove in ciascuno dei due rami del Parlamento, il 37% dei seggi assembleari sarà attribuito con un sistema maggioritario uninominale a turno unico, mentre il 61% degli scranni verrà ripartito fra le liste concorrenti mediante un meccanismo proporzionale corretto con diverse clausole di sbarramento, con le candidature per quest'ultima componente presentate nell'ambito di collegi plurinominali, a ognuno dei quali spetta un numero prefissato di seggi.
L'elettore non disporrà del voto di preferenza né del voto disgiunto (quest’ultima tipologia è stata la causa degli innumerevoli errori alle ultime amministrative spezzine).
La Costituzione stabilisce altresì che otto deputati e quattro senatori debbano essere prescelti dai cittadini italiani residenti all'estero.
Per completare l’analisi mi viene da ricordare che, dei tanti primati che ha l’Italia, uno è particolarmente importante da menzionare in questo particolare contesto. Siamo il paese che dal dopoguerra ha avuto il maggior numero di crisi di governo (cambi di maggioranza, del primo ministro o di ministri chiave). Dal 1970 se ne contano in media 1,2 all’anno. Non c’è altro paese al mondo, tutti inclusi, che nell’arco di tempo considerato abbia avuto un’instabilità di governo così elevata.
A Mario Draghi va il ringraziamento di aver accettato l’incarico conferito da Mattarella e sostenuto il paese in questo anno e mezzo. Mi piace poter pensare, però, che tra i sessanta milioni di italiani ci siano delle eccellenze che sappiano fare altrettanto bene, possibilmente meglio.
Paolo Pazzaglia
Lista Civica SPEZIA AL CENTRO