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La tribù del meno siamo e meglio stiamo In evidenza

Riflessioni di Luca Erba.

In questi ultimi giorni ho letto molti commenti, reazioni e interviste sui fatti che hanno riguardato il voto in Liguria e negli Stati Uniti.
Commenti, reazioni e interviste che sembrano la fotocopia l’uno dell’altra. Si tratta ovviamente di due competizioni elettorali diverse ma le reazioni sembrano essere le solite. “Avete voluto Bucci? Adesso ve lo tenete!” “Avete voluto Trump? Adesso ve lo tenete!” Frasi che certificano la definitiva mutazione genetica di una parte politica che difficilmente si riesce a definire con le categorie classiche.

Sinistra- sinistra? Oppure si tratta del centro-sinistra (quale centro?), oppure si tratta di qualcosa di ancora diverso? Qualcosa che è cambiato geneticamente e non può più tornare indietro? Difficile dirlo con assoluta certezza, rimane lo stupore, quello si, delle reazioni che hanno caratterizzato il giorno dopo il voto per entrambi gli appuntamenti elettorali.

Non voglio entrare nel merito della contesa elettorale, non è il mio compito, non è il mio lavoro e non è l’obiettivo di questo intervento. La polemica rimane lo strumento per chi decide di stare dentro l’agone politico, a me spetta, proprio nello spirito di questo editoriale, sempre con il sorriso, provare a commentare i fatti che accadono e sottolineare le novità (o le stranezze) che il quotidiano ci mette di fronte.

Osservo una mutazione genetica degli eletti e degli elettori che stanno da quella parte della barricata. Quelli che convintamente, e anche legittimamente, hanno votato altro rispetto a Bucci e che se fossero stati elettori negli Stati Uniti non avrebbero votato Trump. Quelli che ci dicono che il popolo è saggio se vota bene (come gli viene indicato), altrimenti è ingrato e merita di essere danneggiato dal voto che ha espresso. Il popolo, l’elettorato che si comporta male e che si deve, cito testualmente, “vergognare” di come ha deciso di spendere il proprio diritto di voto. Mai avevamo assistito ad un tale livello di degenerazione. Una parte politica che perennemente sconfitta si trincera dietro a posizioni elitarie pretendendo di insegnare al popolo come si esercita il voto perché nella nuova forma di intransigenza identitaria (e ideologica?) c’è la contrapposizione tra il buono e il cattivo senza se e senza ma. O sei con me o sei contro di me.

La cosa che più colpisce è l’arroganza con la quale tale dibattito si affronta. L’elettore è colui che va educato, un popolo smarrito che se non vota “come diciamo noi” dimostra di essere qualunquista. In Liguria è dal 2015 che si è inaugurato un ciclo di sconfitte permanenti. Sconfitte che interessano la Regione ma anche tante tantissime amministrazioni locali. Sempre colpa degli altri? Difficile rispondere si con assoluta certezza. Più facile sarebbe dire: “no, almeno discutiamone seriamente.”

La frattura profonda di queste tornate elettorali riguarda proprio il distacco tra ciò che si vorrebbe e la realtà delle cose. Un solco profondo tra ciò che le persone vogliono realmente e ciò che si vorrebbe imporre. Non proprio una cosa da poco se si tratta di organizzare una proposta alternativa per tornare a vincere le elezioni. Uno degli elementi che più colpisce è l’assenza totale di dibattito interno e l’aggressione (verbale) nei confronti di chi sommessamente prova a dire “state sbagliando tutto.” Anche se il suggerimento arriva da chi è disinteressato poiché non ha ambizioni di candidature. Un’intransigenza che certifica il rifiuto al confronto perché lo strumento partito non è più un organismo collegiale che seleziona e prepara i migliori per i ruoli elettivi all’interno delle istituzioni. Il partito (sempre di più appannaggio/diritto esclusivo) è diventato strumento personale in mano di pochi che rivendicano, anche con una certa disinvoltura, lo spirito padronale con il quale affermarne la proprietà. Uno scenario che costruito in questo modo porta -lo abbiamo già visto-, con assoluta certezza, alla irrilevanza più totale.

Chi dovrebbe o vorrebbe rappresentare il popolo rimane senza il popolo facendo della difesa della tribù un tratto distintivo e uno strumento permanente con il quale costruire muri e distanze. L’obiettivo tanto è e sarà sempre uno: difendere la tribù, “meno siamo e meglio stiamo”. La morte della politica.

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