Confagricoltura Liguria, anche alla luce del passaggio informativo tenutosi ieri al “Tavolo Verde”, ovvero nel luogo di incontro tra la Regione Liguria e le Organizzazioni di rappresentanza del comparto agricolo, ritiene "manifestamente insufficienti" i risultati finora conseguiti per il contrasto dell'emergenza.
“Sono ormai trascorsi oltre cinque mesi dal ritrovamento del primo cinghiale infetto nel genovesato - dichiara Luca De Michelis, presidente di Confagricoltura Liguria - e a tutt'oggi non è ancora attuativo il piano per l’eradicazione della malattia. Ieri abbiamo appreso ufficialmente dalla Regione che l'attività di depopolamento dei cinghiali procede con estrema lentezza, si parla di 400 capi abbattuti da inizio anno a fronte di una stima di 20.000 circa da abbattersi nell’intera zona rossa e nelle zone cuscinetto e, in alcuni territori, non è ancora neanche iniziata questa importante azione”.
“In Liguria - ricorda Confagricoltura – sin dalla segnalazione del primo caso abbiamo, con pronto senso del dovere, anche di salvaguardia delle regioni e degli allevamenti a noi vicini, e quindi a difesa di un comparto, quello suinicolo, che vale oltre 8 miliardi di euro, accettato restrizioni che hanno gravemente danneggiato tutta la filiera dell’outdoor, vero polmone economico – turistico di gran parte dei 36 comuni liguri in zona rossa”.
“Non solo – prosegue Confagricoltura Liguria – abbiamo invano proposto al Governo, prima in sede di discussione del ‘milleproroghe’, poi in sede di audizioni sul "Sostegni Ter", azioni di concreto sostegno, e di scarsissimo impatto sulle casse dello Stato, ma di grande respiro per le attività lavorative coinvolte, ovvero il differimento per sei mesi del pagamento per gli oneri contributivi e previdenziali delle aziende coinvolte ed il blocco delle rate dei mutui presenti per le imprese, per analogo periodo”.
“Il fatto che – continua Confagricoltura Liguria – a tali ‘sacrifici’ non sia stata data risposta immediata a livello di eradicazione dei cinghiali, vero ed unico vettore della PSA, non è più accettabile, anche perché, al di là dei nostri confini regionali, c’è un’area come il Piemonte dove sono attive circa 1.400 aziende che allevano 1,4 milioni di capi suini e a livello nazionale la produzione piemontese rappresenta il 9% del totale. Senza dimenticare Emilia e Lombardia, vicinissime a noi ed al ‘rischio’ di cui in Piemonte. O si procede con tempestività o si rischia sulla pelle di un comparto, quello dell'industria italiana dei salumi, il cui fatturato è di oltre 8 miliardi di euro e rappresenta il 5,6% del totale dell'industria agroalimentare”.
“Si tratta - evidenzia Confagricoltura Liguria - di un patrimonio di straordinario valore produttivo e commerciale che, nella malaugurata ipotesi in cui l'epidemia di peste suina dovesse allargarsi e diventare endemica, verrebbe distrutto”.
Per questi motivi Confagricoltura Liguria chiede pubblicamente un Consiglio regionale aperto sull'argomento per dibattere la questione a livello tecnico - scientifico e politico istituzionale, “al fine di individuare un percorso che consenta al mondo agricolo ligure di poter guardare con serenità al futuro, oltre l’emergenza, e di avere certezze di fatti, date, piani e dunque ‘rispetto’ per le attività produttive coinvolte nei 36 comuni”.