Gli incidenti più frequenti negli impianti di produzione del biogas installati in Europa (Svizzera compresa) sono causati da incendi: ben il 59%. La seconda tipologia d’incidenti sono le esplosioni e le deflagrazioni con una frequenza del 22%. Poi ci sono incidenti dovuti a perdite di gas e/o liquidi, che possono provocare soffocamento degli addetti o inquinamento ambientale. Tra questi gli eventi classificati “fatali”, perché hanno causato la morte di operatori degli impianti principalmente per asfissia dovuta a perdite di biogas o a formazione di acido solfidrico in fase di fermentazione.
E’ quanto emerge dal più accurato studio effettuato su impianti di digestione anaerobica per rifiuti organici condotto tra il 2006 e il 2016 dall’università Mendel di Brno (Repubblica Ceka) in collaborazione con docenti e ricercatori dell’università di Bologna (Moreno, Cozzani, Scarpino, Guglielmi e altri nella ricerca Analysis of accidents in biogas production and upgrading). Pubblicato nel 2018, lo studio, che prende in esame i 208 incidenti più rilevanti tra le migliaia verificatisi, finora confinato negli ambienti scientifici, è stato diffuso dal Coordinamento nazionale dei comitati che si oppongono ai digestori anaerobici, a cui aderiscono il Comitato No Biodigestore Saliceti, Acqua Bene Comune e Sarzana, che botta!.
Nel caso spezzino il rischio è doppio: l’impianto progettato da Recos a Saliceti, da 90.000 tonnellate l’anno, confina col TMB, autorizzato per trattare 105.000 tonnellate di rifiuti indifferenziati e che è già stato devastato da un incendio nel 2013.
Gli abitanti di Vezzano e Santo Stefano e coloro che per ragioni di lavoro, di studio o di svago si trovano a passare dal casello e dalla bretella autostradale possono dormire sonni tranquilli?
E’ la domanda che i comitati, assieme a Legambiente, Italia Nostra e Cittadinanzattiva, hanno rivolto al Comando provinciale dei Vigili del fuoco, che il maggio scorso ha dato il proprio assenso al progetto di Recos, accompagnandolo con alcune prescrizioni per la sicurezza. La richiesta dei comitati è quella di prendere visione dello studio e di valutarlo alla luce della contiguità tra il biodigestore e l’esistente TMB, visto che presentano la stessa tipologia di rischio.
Nelle conclusioni i ricercatori di Brno e di Bologna raccomandano “di adottare il criterio di precauzione laddove le condizioni risultino particolarmente critiche”. Saliceti è un caso da manuale. Il mega impianto tra l’altro non serve a chiudere il ciclo dei rifiuti alla Spezia, ma a far fronte all’eterna emergenza di Genova che non si dota di impianti. L’appello dei Comitati è alla politica spezzina, di sinistra e, soprattutto di destra, che ha la maggioranza in Provincia e Regione: Spezia non può essere colonia di Genova.
Comitati NO biodigestore a Saliceti