La dichiarazione di residenza del cittadino comporta automaticamente l'accoglimento della richiesta da parte dell'anagrafe comunale entro due giorni, salvo eventuali casi di nullità come il vizio della firma.
E dal momento della presentazione della domanda scattano 45 giorni entro cui il Comune può fare gli accertamenti e le verifiche necessarie: superato questo termine, la dichiarazione di residenza è accolta con i meccanismo del silenzio-assenso. Una prassi in vigore nei Comuni italiani già dal 9 maggio scorso a seguito dell''approvazione della legge 35/2012 e della circolare 9/2012 del Ministero dell'Interno e che ora è oggetto del Dpr 154/2012 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 211 del 10 settembre che modifica, in parte, il Dpr 223/1989. Di fatto si tratta di una sorta di rivoluzione Copernicana per gli uffici anagrafe dei Comuni che sino a prima della riforma, indotta dal decreto Semplificazioni, procedevano con gli accertamenti preventivi prima di concedere una residenza (che poi datava al momento della domanda) e che ora, invece, devono ragionare in maniera inversa: la residenza arriva con il meccanismo del silenzio-assenso salvo che non si dimostri, in 45 giorni, che il richiedente non ne aveva diritto con la conseguenza che il richiedente eventualmente senza diritto si ritrova a godere per i giorni necessari alla verifica, di tutti i diritti di un cittadino residente. Dai benefici (se ne ha diritto) in fatto di assistenza sino al limite del diritto di voto; e ci si può trovare a consegnare la scheda elettorale e far votare chi poi, verificando che i titoli per la richiesta di residenza non c'erano, si scopre non ne aveva diritto.