Il settore del gioco, soprattutto online, sta attraversando un processo di cambiamento che porterà nei prossimi anni a un sostanziale mutamento della propria connotazione.
Questo processo di regolazione, avviato degli anni 2000, può essere diviso in tre fasi importanti che hanno preparato l'industria a questa trasformazione.
La fase "dei pionieri", in cui Regno Unito, Malta e Italia hanno avviato i primi modelli di mercato regolamentato.
La fase "regulatory wave" europea in cui, a partire dal 2010 Francia, Spagna e Danimarca hanno definito modelli di seconda generazione per certi versi simili tra loro, seppure con alcune differenze nelle modalità di controllo e nei requisiti tecnici degli operatori. Tali modelli sono stati mutuati negli anni a seguire dai principali Paesi europei, talvolta con adattamenti rispetto al framework normativo ed al contesto socio-economico e culturale specifico.
Il risultato è che ad oggi la quasi totalità dell’Europa ha regolato il gioco trainando, a partire dal 2015, alcuni Paesi dell’America Latina come Colombia e Perù, e alcuni Stati Usa. Germania, Olanda, Brasile, Argentina ed altri Paesi dell’America Latina e degli Stati Uniti si apprestano a regolamentare il gioco online.
Durante la seconda fase si è sviluppata una tendenza, parallela e tutt'ora in corso per alcuni Paesi, di rivisitazione e adattamento dei modelli regolatori precedentemente definiti alla luce delle evoluzioni del contesto, dei trend di consumo e dell’innovazione tecnologica che hanno fatto emergere come i modelli iniziali fossero obsoleti, troppo rigidi e spesso inadeguati. È il caso ad esempio dei regolamenti dei giochi, spesso troppo dettagliati per consentire la naturale innovazione di prodotto, delle regole tecniche, superate da nuove esigenze di compliance, della rigida dicotomia fisico-online che confligge con le tendenze verso la multicanalità.
Siamo quindi entrati in una terza fase di "ri-regolazione del settore" in cui, alle esigenze di ‘svecchiamento’ normativo e riadattamento o riconfigurazione di precedenti modelli (spinte soprattutto dagli operatori), si è aggiunta una recente tendenza da parte di alcuni governi ad elevare il livello di attenzione verso il settore del gioco, prevedendo misure volte a contenere l’esposizione dei consumatori alle comunicazioni commerciali.
L’Italia, che a partire da luglio 2019 ha proibito totalmente le principali forme di pubblicità sul gioco, è stata il primo esempio di un atteggiamento di innalzamento dell’attenzione verso misure di supposta protezione del giocatore - come riporta Pathos Online.
Analogamente la Spagna, dopo aver proibito le comunicazioni commerciali durante il periodo di lockdown, si appresta a pubblicare entro fine 2020 un Real Decreto sulle restrizioni pubblicitarie che limiterà sensibilmente le attività commerciali degli operatori sul mercato. Il Belgio ha definito nel corso degli ultimi anni diverse limitazioni sulla pubblicità in Tv e sta studiando misure addizionali che annuncerà a breve. Il Regno Unito ha intenzione di rafforzare le restrizioni pubblicitarie introducendo il divieto di sponsorship sulle maglie delle squadre sportive. La Svezia sta valutando l’introduzione di misure per limitare l’advertising. L’Olanda, nella nuova regolazione sul gioco in corso di approvazione include già alcune limitazioni che il Governo intende rafforzare.
Siamo di fronte ad una situazione già concreta in alcuni Paesi e che porterà nei prossimi anni ad un cambio generalizzato del perimetro regolatorio anche nelle aree non ancora regolamentate.