Il libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Sebben che siamo donne. Resistenza al femminile in IV Zona Operativa, tra La Spezia e Lunigiana” ha fatto tappa -la numero 41- anche a Migliarina, per iniziativa della locale Sezione dell’Anpi e della Fondazione Amendola.
Dopo il saluto di Elvio Baldini dell’Anpi, è intervenuto Gianluca Solfaroli, vicepresidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo, che ha definito “Sebben che siamo donne” un libro “che tocca testa e cuore”, “commovente per il racconto di una ricchissima esperienza umana”. Nelle scelte delle donne partigiane e sostenitrici dei partigiani, ha aggiunto, “pesò non solo l’orientamento familiare, ma anche un moto esistenziale che portò tante donne dal buio del privato alla luce dei giorni ‘vissuti veramente da me’ -come ha scritto una di loro- e all’assunzione di responsabilità sociale e morale”.
Per Moreno Veschi, della Fondazione Amendola, la Resistenza “fu la prima volta in cui le donne parteciparono a una lotta armata”. Questa partecipazione e la resistenza civile e senza armi delle donne contribuirono entrambe “a mettere in crisi l’ideologia dominante, fondata sulla società patriarcale”. Veschi ha poi rivendicato il ruolo del Pci di Togliatti, che “combatté il ribellismo e organizzò le masse popolari e le donne verso la costruzione di un nuovo Stato”.
Gli autori hanno ricordato in particolare il contributo alla Resistenza delle donne migliarinesi: le staffette Olga Furno e Luisa Borrini e la filandina Delfina Betti, protagonista dello sciopero del marzo 1944 e poi staffetta. E’ stato poi ricordato il grande rastrellamento nazifascista a Migliarina del 21 e 22 novembre 1944, nel quale furono arrestate oltre 350 persone. “La memoria spezzina della deportazione -ha sostenuto Giorgio Pagano- è fortemente antifascista, non solo antinazista”. Dalla caserma fascista dell’ex 21° “partivano infatti i prigionieri per la Germania, dopo orrende torture, e molti morirono prima, durante gli interrogatori”. Pagano ha ricordato i crimini della banda guidata dal famigerato Aurelio Gallo, il suo arresto nel dopoguerra, il processo e la condanna a morte. Il processo e la condanna furono “un esercizio di sovranità popolare del popolo spezzino e in particolare delle donne di Migliarina, protagoniste di grandi manifestazioni di piazza, vestite a lutto e con al collo i medaglioni con le fotografie dei loro cari scomparsi”. “In un contesto di generale colpo di spugna nei confronti dei criminali fascisti -ha concluso Pagano- la condanna a morte di Aurelio Gallo e dei suoi compari Battisti e Morelli fu un’eccezione in Italia, e ciò fu dovuto al grande coraggio delle donne di Migliarina”.