Il libro “Diario di prigionia” di Umberto Saraceni sarà presentato martedì a Sarzana. Alle ore 9 l’appuntamento è con gli studenti all’Istituto Parentuccelli-Arzelà e quindi alle ore 17,30 nella Sala Consiliare del Comune di Sarzana (Piazza Matteotti, 1). Interverranno insieme al curatore Gian Luigi Saraceni, l’Assessore alla Cultura Nicola Caprioni, lo scrittore Marco Ferrari e un rappresentante dell’ANPI.
Il libro edito da Minerva traccia nel suo diario il resoconto di una resistenza spinta sino alle estreme conseguenze. È la testimonianza di una vicenda di solidarietà e una storia d’amore che hanno consentito all’autore, nei momenti più bui, di mantenere fede negli uomini e nel futuro. Magistrato militare, il generale Umberto Saraceni è stato procuratore per quasi vent’anni al Tribunale Militare della Spezia, che aveva una estesissima competenza territoriale e ha partecipato a importanti processi dal dopoguerra agli anni ottanta del secolo scorso. Fatto prigioniero in Grecia all’indomani dell’8 settembre 1943 il suo Diario di Prigionia, scritto su minuscoli taccuini, nascosti conservati e difesi a dispetto di tutto, è la cronaca fedele, spesso giornaliera, di una detenzione durata quasi due anni nei campi in cui i tedeschi raccolsero centinaia di migliaia di soldati ed ufficiali italiani.
Ed è il tema della giustizia che traspare in controluce in tutte le pagine dell'autore, impegnato da giudice a far rispettare le leggi italiane all'interno dei campi e vittima di un sopruso e di un sofisma giuridico (quello degli italiani non prigionieri di guerra ma semplici internati) che ripugnava alla coscienza di tutti: la scabra e quasi parossistica serie di annotazioni, che giorno dopo giorno si concentrano sempre di più sulle pure questioni di sopravvivenza fisica (la mancanza di cibo, il freddo, le malattie), è l’attestazione di una eroica resistenza individuale e collettiva alle pressioni crescenti dei tedeschi prima per aderire alla Repubblica Sociale Italiana e poi per contribuire allo sforzo bellico tedesco. Da quel “No” corale ostinato e testardo ha preso lentamente forma, alimentato dalle interminabili discussioni che si svolgevano nei campi, la coscienza civile della nuova Italia.