Mi chiamo Paola e detesto il vuoto.
Quello del mio presente che non parte o del mio futuro lavoro da giornalista che non arriva. Né ora né mai, pare. Il vuoto che mi sono lasciata alle spalle, quello da cui fuggo. Ma il vuoto ha un peso insostenibile. E io ne ho paura. Lo riempio di cose, tutte sbagliate. Cerco in frigo quello che è nel piatto e nel piatto quello che è nella mia testa, confuso. Sempre nel posto sbagliato e intanto lui è lì. Lo nascondo dentro ma ricompare fuori, proiettato nella deserta autostrada che devo attraversare. Andare, veloce per riempire spazi vuoti, ma qualcosa si inceppa. Guasto al motore. Mi guardo intorno, ma intorno non c’è nessuno. La tangenziale è deserta, VUOTA! Perdere il controllo, sensazione netta. Rimanere vigile, concentrarsi sulla strada. Impossibile, mente in corto circuito, incapace di regolarsi. E a me non rimane che riconoscere e accettarne la rottura. Inutili congetture. Interruttore spento. Aspettare. Che riparta o che qualcuno lo faccia ripartire. Invertire il processo di trasformazione in atto: riempire spazi vuoti, tempi vuoti. Fermarsi per partire. Qualcosa accade. Il puzzle della vita si ricompone, il vuoto si trasforma. Nulla si distrugge. Eruzione in atto. Big bang creativo.
Mi chiamo Paola e amo il mio vuoto.
Tiziana Cecchinelli vive e lavora alla Spezia dove gestisce da anni la cooperativa sociale Percorsi. Impegnata nell’ambito della disabilità e nella rieducazione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento, collabora con scuole e enti pubblici. Come narratrice ha esordito nel 2006 vincendo il concorso letterario “Storie di Quartiere” con una novella di primo-Novecento. Negli anni ha pubblicato diversi racconti. Scrive testi teatrali ed è una delle ideatrici della compagnia "TeatraLIS" che realizza spettacoli anche sul territorio nazionale. Nel 2015 ha pubblicato il manuale “La Didattica in mano: la LIS come strumento operativo” edito da Armando Editore per la rieducazione della letto-scrittura nei bambini sordi.